L’unico tema su cui a Roma regna l’armonia è quello che riguarda la costruzione degli stadi per le due squadre della Capitale, l’As Roma e la SS Lazio. Tutti d’accordo con il sindaco Gualtieri, anche i tre principali sfidanti alla carica di governatore del Lazio, Donatella Bianchi per il M5s, Alessio D’Amato per il centrosinistra, Francesco Rocca per il centrodestra che ieri hanno avito il primo confronto pubblico.
Tuttavia, senza il sostegno economico del governo, i progetti rischiano di non vedere mai la luce. Acreare difficoltà è anche la gestione della mobilità nelle aree interessate: Pietralata per il club giallorosso e lo stadio Flaminio, da reinventare, per i biancocelesti.
Ieri Donatella Bianchi ha ribadito: “Non siamo il Movimento del no, siamo per fare le cose e farle bene”. Il M5s, infatti, nel 2017 aveva bocciato la proposta di un impianto per i giallorossi a Tor di Valle, mentre su Pietralata è possibilista, ma a una condizione: “Sì allo stadio della Roma, purché ci sia una riqualificazione urbana dell’area. Va fatto con una visione di sistema. Deve portare compensazioni, quindi aree verdi per migliorare la vita dei cittadini”. Mentre il candidato del centrodestra ha detto: “Sì a entrambi gli stadi, la Roma ha già scelto dove, mi auguro che la Lazio possa andare al Flaminio”. Stessa linea anche per D’Amato: “Lo stadio della Roma si farà nell’area di Pietralata, e spero si faccia anche quello della Lazio”.
Nessuno – né di questi tempi in cui si vota, né nel tempo sospeso in una campagna elettorale permanente – vuol mettersi contro le tifoserie dei due club calcistici della Capitale, come accade all’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Nel 2017, un tweet di Francesco Totti, simbolo dell’As Roma, rilanciò l’hashtag dei tifosi giallorossi #famostostadio. Raggi, sommersa dalle polemiche, rispose: “Totti, #famostostadio ma nel rispetto delle regole”. Seguirono interminabili riunioni, numerose visite di Beppe Grillo. E fu lui, infine, a mediare una soluzione: un nì, ok allo stadio ma senza consumo di suolo. Raggi capitolò, ma pagò, per il resto del mandato, l’insanabile disgregazione della sua maggioranza.
Ma la strada che porterà alla posa della prima pietra è impervia: per il Flamino, la Ss Lazio non ha ancora presentato alcun progetto al Campidoglio, tanto che l’assessorato allo Sport ha fatto trapelare l’intenzione di voler guardare altrove, ad altre società, non per forza calcistiche, per il recupero e la riapertura dell’impianto. Per lo stadio giallorosso, invece, si è conclusa qualche giorno fa la conferenza dei servizi. E a quanto si è appreso le valutazioni contenute nello studio di fattibilità dell’As Roma, su trasporti e mobilità nell’area di Pietralata, sono state ritenute un po’ troppo ottimistiche. Per una capienza da 62 mila persone l’attuale asset viario e il sistema Tpl non è sufficiente e va rafforzato. All’assessorato alla Mobilità lo sanno, ma il compito di proporre il potenziamento spetta alla società giallorossa.
Allargare strade, acquistare nuovi treni, altri bus, o quel che sarà, tuttavia, costa e la compensazione del privato non sarà mai sufficiente a coprire tutti gli interventi. Al sindaco Gualtieri toccherà ancora bussare alla porta di ministeri e governo, ma – se le premesse saranno confermate – stavolta avrà il sostegno di tutti. In una città vivace, dove ci sono le correnti pure nei comitati di quartiere, è un buon esempio di impegno condiviso per il bene comune. Arriva dal basso, da un mondo che rifugge lo sguardo d’insieme ma è unito: il tifo calcistico. E la politica sembra averlo colto. Magari, col tempo, ne trarrà anche insegnamento.