GLAUCO DELLA PORTA
Con l’elezione a sindaco il 17 luglio 1962 di Glauco Della Porta inizia a Roma – in concomitanza degli avvenimenti politici a livello nazionale che vedono il Psi di Pietro Nenni lasciare l’alleanza con Il Pci, nata nell’immediato dopoguerra con la formazione del Fronte popolare, per dare vita ad un’intesa governativa con la Dc – l’era del centrosinistra che terminerà 14 anni dopo, nel 1976.
Della Porta non è romano. E’ nato a Napoli il 7 agosto 1920 ed è un economista, libero docente di Economia politica all’Università di Messina e dirigente dell’Ufficio Studi del Banco di Roma (attualmente non esiste più perché inglobato in Unicredit). Viene scelto dalla Dc per la carica di sindaco per dare ai socialisti un segnale netto di chiusura verso le precedenti amministrazioni capitoline centriste pendenti a destra, anche se il “dominus” in consiglio comunale è Amerigo Petrucci, andreottiano ed esponente di lungo corso della Dc romana, che poi gli subentrerà due anni dopo nella carica (non dimentichiamo mai che fino al 1993 il sindaco veniva eletto nell’aula di Giulio Cesare attraverso accordi tra i gruppi consiliari).
Dunque Della Porta viene eletto da una maggioranza composta da Dc, Psi, Psdi e Pri (tutti partiti oggi spariti, se si eccettua il Psi mantenuto in vita tramite accordi con il Pd ed ora con Italia Viva) che raggiunge 40 voti, ovvero la metà esatta del Consiglio comunale. Compito principale della sua giunta fu quello di approvare il nuovo Piano Regolatore in sostituzione di quello di epoca fascista del 1931, opera già avviata dai suoi predecessori, a partire da Salvatore Rebecchini. Attraverso gli anni la stesura del P.R.G. aveva conosciuto varie modifiche e stop e, prima della definitiva approvazione, avvenuta il 18 dicembre 1962, la nuova giunta apportò ulteriori modifiche. Tra queste, l’incremento dell’edificabilità nella zona tra l’Eur ed il mare e l’inserimento di alcune zone industriali lungo la via Pontina. Per il definitivo sì al Piano non bastavano però i 40 voti della maggioranza che si dovette avvalere del voto di un consigliere monarchico.
Restando in termini di lavori pubblici, si devono alla giunta Della Porta l’inaugurazione del Ponte delle Valli sul fiume Aniene e la prosecuzione dei lavori per i sottopassaggi di Corso d’Italia e dei Lungotevere; furono inoltre appaltati i lavori per il tratto Stazione Termini-Anagnina della metropolitana che iniziarono il 12 marzo 1964. Sempre a questa amministrazione si deve l’approvazione (26 febbraio 1964) del Piano delle zone per l’edilizia economica e popolare (noto come P.e.e.p.). Piano regolatore e Peep hanno costituito i principali strumenti urbanistici per l’espansione legale della città nei successivi 30 anni.
Subito dopo Glauco Della Porta si dimise, anche in seguito ad accordi interni nella Dc che prevedevano una staffetta con Amerigo Petrucci, come detto vero “dominus” della prima giunta di centrosinistra di Roma, eletto sindaco il 13 marzo 1964.
AMERIGO PETRUCCI, IL POLITICO-FILOSOFO
Amerigo Petrucci, nato a Roma il 17 dicembre 1922, è stato per tantissimo tempo il vero capo della Dc capitolina, essendo nella Capitale il numero 2 della corrente di Giulio Andreotti, uno dei massimi protagonisti politici della Prima Repubblica. Laureato in Filosofia, iscritto alla Dc fin dal 1944, prima di approdare in consiglio comunale è stato per otto anni, dal 1952 al 1960, consigliere provinciale di Roma. In Campidoglio è stato fino al 1972 per poi approdare alla Camera dei deputati dove è rimasto per quattro legislature, dal 1972 al 1983, quando fu stroncato non ancora sessantunenne da un attacco cardiaco.
Subito assessore, prima preposto al nuovo Piano regolatore generale (giunta Cioccetti) e poi all’Urbanistica e all’edilizia privata con Glauco Della Porta, ha seguito passo passo la stesura del PRG e poi del Piano delle zone per l’edilizia economica e popolare (Peep). Diventato sindaco il 13 marzo 1964 dopo le dimissioni di Della Porta, Petrucci si dedicò attivamente alla sua attività di primo cittadino della Capitale che, sotto la sua guida, conobbe una notevole fase di sviluppo economico e avviò un primo decentramento amministrativo con la creazione di dodici circoscrizioni comunali (successivamente portate a venti e, nel 2013, ridotte a 15).
Con il nuovo Prg, Petrucci, sia pure attraverso molte difficoltà, la seconda giunta di centrosinistra riesce ad avviare e inaugurare importanti opere pubbliche e a realizzare i primi insediamenti previsti dal Peep (risale ad allora quello tanto discusso di Spinaceto). Il Comune deve però tener conto di prescrizioni e limitazioni imposte dal Ministero dei Lavori Pubblici guidato dal socialista Giacomo Mancini. Tra le limitazioni, la destinazione a parco pubblico dell’intero comprensorio dell’Appia Antica, da Porta San Sebastiano ai confini del territorio comunale. Altri vincoli riguardano aree archeologiche, storiche e monumentali.
In questi anni assume grandi dimensioni il fenomeno dell’abusivismo edilizio, sia al centro che in periferia, per fronteggiare il quale – ed anche alla luce dei vincoli imposti dal Ministero dei Lavori Pubblici – Petrucci commissiona agli uffici comunali la redazione di una “variante generale” al Prg, approvata dal Consiglio comunale il 17 ottobre 1967 e successivamente dal Ministero dei LL.PP. con decreto.
Grossi problemi poi vennero alla giunta di Petrucci dall’ostruzionismo più volte praticato dall’opposizione del Pci nell’aula di Giulio Cesare. In particolare, il sindaco fu duramente osteggiato nel caso della delibera che aumentava il biglietto dell’autobus a 50 lire (poco meno di 3 centesimi di oggi) e su una “superdelibera” che comprendeva uno stanziamento di 87 miliardi di lire per opere pubbliche.
L’azione amministrativa di Petrucci si caratterizzò in particolare per il rilancio nel mondo dell’immagine di Roma con il potenziamento dell’Ufficio stampa e del Cerimoniale. Rieletto nelle elezioni comunali del 12 giugno 1966 (maggioranza assoluta al centrosinistra) e confermato sindaco, Petrucci punta ad incarichi nazionali. Si dimette quindi dopo poco più di un anno per candidarsi alle elezioni politiche del 1968, ma un’incriminazione lo “azzoppa” e lo toglie dalle liste elettorali. Assolto con formula piena nell’aprile del 1972, poté partecipare alle politiche dello stesso anno e divenne deputato e più volte sottosegretario nei governi dell’epoca
RINALDO SANTINI, IL SINDACALISTA
La difficile successione ad Amerigo Petrucci spetta a Rinaldo Santini, in Consiglio comunale dal 1952 eletto nelle liste della Dc. Romano, nato il 27 dicembre 1914, e laureato in Economia, arriva alla politica dopo un’esperienza sindacale che lo ha visto ricoprire la carica di segretario della Camera del Lavoro della Capitale quando il sindacato era unitario (CGIL) e successivamente (30 aprile 1950) tra i fondatori della Cisl.
Già assessore nelle giunte di Umberto Tupini, Urbano Cioccetti, Glauco Della Porta e Amerigo Petrucci (con quest’ultimo all’Urbanistica e all’Edilizia privata), diventa sindaco il 29 dicembre 1967, eletto dalla coalizione di centrosinistra in Consiglio comunale. Con lui primo cittadino vengono realizzate le prime isole pedonali ed alcune corsie preferenziali per i mezzi pubblici. Non mancano comunque le difficoltà per la sua giunta. L’arresto di Petrucci, suo capocorrente, che Santini aveva nominato assessore al Bilancio, nelle more della candidatura del suo predecessore alla Camera dei deputati (candidatura saltata proprio per le vicende giudiziarie in cui era rimasto coinvolto e per le quali venne poi assolto) rischiò di far saltare la sua amministrazione che si salvò nell’approvazione del bilancio grazie al voto di un consigliere monarchico e all’astensione di un esponente del Msi.
Comunque, la sua maggioranza era traballante e non durò ancora a lungo. Dopo meno di un anno, le dimissioni di tre suoi assessori, tutti appartenenti al suo partito, la Dc, e le dichiarazioni molto critiche di un altro consigliere democristiano, Mauro Bubbico, gli fanno mancare l’appoggio proprio dello scudocrociato, maggioranza relativa in Consiglio comunale. Da qui, vistosi mancare l’appoggio di una parte del suo partito, la decisione di rassegnare le dimissioni da sindaco, cosa che avvenne il 6 maggio del 1969. Il suo mandato ebbe quindi termine dopo poco meno di due anni ai vertici del Campidoglio.
Da rilevare però che la sua carriera politica non terminò con la fascia tricolore. Quasi quattro anni dopo, ovvero il 24 ottobre 1973, diventò presidente della Regione Lazio, sempre alla guida di una giunta di centrosinistra. Santini è quindi l’unico sindaco di Roma che ha presieduto anche la Regione di appartenenza, incarico che ha ricoperto fino alle elezioni amministrative del 1975.
Ultima annotazione. Santini non è stato solo un sindacalista ed un politico. Grande conoscitore della cultura romana, nel 1968 fu ammesso nel “Gruppo dei Romanisti”, fondato nel 1929 con lo scopo di contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale di Roma (sede presso l’Antico Caffé Greco). Per la “Strenna dei Romanisti” ha scritto anche diversi articoli. Ogni anno la Strenna viene consegnata ufficialmente al sindaco il 21 aprile, Natale di Roma.
CLELIO DARIDA
Clelio Darida, romano, nato il 3 maggio 1927, laureato in Giurisprudenza , è stato uno dei sindaci più longevi (ha guidato la Capitale per quasi sette anni, dal 30 luglio 1969 al 6 maggio 1976) e l’ultimo di questa prima era del centrosinistra. Approdato in Consiglio comunale nel 1960, fa parte della componente fanfaniana-forlaniana della Dc romana.
Il suo lungo mandato, passato anche attraverso una difficile consultazione elettorale (quella del 1971 che vide una forte avanzata a Roma del Msi), lo costrinse a mediare continuamente e nel suo partito e con le altre forze del centrosinistra. La sua prima elezione (30 luglio 1969) passa solo con 36 voti sugli 80 dell’aula di Giulio Cesare. A capo di una giunta di centrosinistra, dovette affrontare grandi difficoltà in particolare a causa dell’aggraversi del problema della casa e della mancanza di aule scolastiche. Non poche, comunque, le realizzazioni.
In primis, atto puramente politico-amministrativo, la nomina dei 240 consiglieri circoscrizionali (settembre 1969) e con questo provvedimento prende le prime mosse il decentramento amministrativo. Darida portò poi a termine l’acquisizione di Villa Doria Pamphili che diventa il più grande parco pubblico della Capitale. L’anno dopo, nel 1970, iniziano i lavori per la “Strada panoramica” che da Piazzale Clodio porta a Monte Mario. Problemi invece insorgono per i lavori di realizzazione di un tratto della metropolitana “Termini-Anagnina”. Numerosi palazzi sulla via Appia Nuova subiscono lesioni con gravi disagi per i residenti.
Come detto, l’anno dopo (15 giugno 1971) il voto delle amministrative segna una forte avanzata del Msi. I dissidi tra gli alleati del centrosinistra porta Darida a costituire (7 agosto) una giunta monocolore Dc che dura poco più di sei mesi. Il sindaco è costretto a dimettersi. Quindi nuova sua elezione (17 marzo 1972) e permanenza nella carica fino al termine della consiliatura del 1976, alla guida, dal 1974, di una giunta monocolore Dc sorretta dal voto del centrosinistra e del Pli.
Nonostante le difficoltà politiche, molti i provvedimenti approvati. Proseguimento degli interventi di edilizia economica e popolare, l’adozione di una seconda variante al Piano regolatore del 1962, la localizzazione e la progettazione della rete e degli impianti di depurazione delle acque (Roma Nord, Roma Sud, Roma Est e Roma-Ostia). In questi anni viene fatta la prima perimetrazione delle borgate abusive sorte dopo il 1962. Viene altresì approvata la seconda parte del tracciato della linea A della metropolitana Termini-Ottaviano. Nel 1976 vengono approvati il tracciato della linea B che porta a Rebibbia ed il progetto per il prolungamento della linea A fino a Circonvallazione Cornelia.
Il 6 marzo Darida si dimette per partecipare alle elezioni politiche anticipat