Expo 2030, il Comune paga 1,8 milioni per la sede del Comitato promotore a Fontana di Trevi

Nello stesso palazzo in cui visse Sandro Pertini in via della Stamperia. Fine lavori a gennaio. La decisione su chi ospiterà l’evento ci sarà il 23 novembre

ROMA PIAZZA FONTANA DI TREVI

Un milione e 800 mila euro chiavi in mano per la sede del Comitato promotore Roma-Expo 2030 nel palazzo in cui abitava Sandro Pertini, vista Fontana di Trevi.
Lo scrive oggi il Corriere della sera nell’articolo che riportiamo.
Il piano operativo, planato e approvato in giunta capitolina mercoledì scorso, diventa però uno strano caso. Lì, al civico 86 di via della Stamperia dove a metà anni ‘70 si trasferirono il più amato tra gli ex presidenti della Repubblica e la moglie Sandra, il Campidoglio ha due progetti, il primo in via di definizione e il secondo già blindato dall’ok alla delibera: da una parte si lavora affinché nell’appartamento che fu di Pertini sorga un museo in sua memoria; dall’altra, in un altro immobile di proprietà di Roma Capitale, si ratifica che, dopo opportuna ristrutturazione, trovi dimora il Comitato promotore per l’Expo 2030.

Fin qui nulla di strano se non fosse per una questione di tempi. Con la delibera di giunta si approva il «progetto esecutivo per i lavori di ristrutturazione dell’immobile sito in Roma, via della Stamperia n. 86 quale sede legale del comitato promotore per la candidatura di Roma a Expo 2030» e si dà conto dell’importo necessario alla ristrutturazione: 1.800.733,75 euro, Iva inclusa, per «restauro e ripristino rifacimento pavimenti e rivestimenti; ripristino controsoffitti; sostituzione infissi; rifacimento impianti elettrici e termici e predisposizione impianti fonia e dati; rifacimento impianto climatizzazione e sostituzione ascensore». Lavori affidati all’architetto Giacomo Agrello, «idoneo alla progettazione secondo le prescrizioni della Soprintendenza». Quindi si danno i tempi per la realizzazione delle opere con termine «fissato a giorni 180 naturali decorrenti dall’approvazione del progetto esecutivo».

Da mercoledì, insomma, è partito il countdown che porta alla consegna dell’immobile ristrutturato l’8 gennaio 2024. E qui sorgono i problemi sui tempi. Il primo consiste nel fatto che la sede di Expo 2030 sarà decisa il prossimo 23 novembre e, va detto, Roma non parte favorita nel ballottaggio virtuale con la ricchissima candidatura di Riad. Così, in caso di sconfitta, Roma potrebbe ritrovarsi con una sede tutta nuova, ma senza un motivo per frequentarla, con buona pace dei milioni stanziati in velocità per la gara dell’Expo. Il secondo problema, invece, racconta probabilmente quanto sia farraginosa e lenta la burocrazia romana. Perché in giunta si dà il via al progetto per la sede del Comitato promotore della candidatura di Roma, ovvero una task force che dovrebbe spingere lavorando di lobby per la vittoria della Capitale. Ma che, se tutto va bene, si ritroverà solo a esultare in via della Stamperia 86 e, per giunta, un mese e mezzo dopo l’eventuale aggiudicazione.

A questo punto non era meglio, pur con le dita incrociate, ristrutturare l’appartamento vista Trevi per consegnarlo ad un Comitato organizzatore? Colpa della fretta, evidentemente. «Al fine di accelerare le operazioni di affidamento dei lavori, in vista della candidatura di Roma a Expo 2030 e della necessità di dotare nel più breve tempo possibile il Comitato in questione di una sede operativa», si legge nel documento che porta, in allegato, i pareri favorevoli di Ragioneria e Gabinetto del sindaco. Nessuno, forse, aveva sott’occhio un calendario.

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