C’è il Covid e anche la guerra tra Russia e Ucraina tra le ragioni che potrebbero determinare uno scossone al trasporto pubblico di linea a Roma. Come faccia un virus asiatico o un conflitto iniziato nel Donbass a generare disagi ai cittadini di Giardinetti o Tor Lupara è presto detto: un crollo dei biglietti venduti da Atac rispetto all’era pre-Covid e forniture e pezzi di ricambio molto più cari rispetto a quando Putin non ha invaso l’Ucraina.
Da come racconta il Messaggero, il combinato disposto di queste due emergenze planetarie avrebbe messo in allarme la municipalizzata dei trasporti romani, che ha preso carta e penna e ha scritto in Campidoglio parole chiare che prospettano ipotesi molto difficili. La base da cui partire è il buco da circa 40 milioni di euro che sarebbe stato causato dall’aumento del prezzo dei carburanti e che grava sul bilancio del 2022. Questo stato di sofferenza avrebbe messo in allarme i piani alti di Via Prenestina, che vedono con prospettive meno rosee le sfide che Atac si è prefissata per migliorare il trasporto pubblico capitolino.
C’è in gioco la manutenzione e il rinnovo della flotta dei bus, la gestione e l’implementazione delle infrastrutture su ferro e, dulcis in fundo, l’aumento di corse dirette per le periferie. Quest’ultimo potrebbe essere uno dei punti più controversi sullo sviluppo di Roma nei prossimi decenni: con una periferia sterminata senza il necessario apporto di tpl, la Capitale rischia di creare un divario ancora maggiore tra centro e sobborghi cittadini. Anche perché la prospettiva di una nuova Fascia Verde inibita a tanti veicoli unita alla debolezza di un trasporto pubblico in grado di supplire i nuovi divieti, cosa provocherà a livello sociale?