Opere stradali versus mobilità. Quella che in una città efficiente sarebbe un’unione armonica di due aspetti di una medaglia che, se non uguale, apparterrebbe comunque allo stesso conio, a Roma rappresenta una contrapposizione. Perlomeno nei tempi di realizzazione e nella scala gerarchica delle priorità. A testimoniare questo iato curioso è stato un ritrovamento archeologico eccezionale che ha avuto luogo a metà giugno a Porta Pia, sede del cantiere del sottopasso di Castel Sant’Angelo in vista del Giubileo del 2025. Qui è stato scoperto, tra i vari reperti, il portico dell’imperatore Caligola risalente al I secolo d.C. Le istituzioni si sono mosse con grande tempestività ed efficienza, tanto che in “tempi record” (per utilizzare le parole del Comune di Roma) è stato predisposto lo spostamento dei reperti al fine di non intaccare i lavori del cantiere.
Come può, quindi, nascere una polemica da un episodio edificante di efficienza quasi scandinava, se non fosse per le temperature torride che si stanno abbattendo in questi giorni sulla Capitale?
Le ragioni le spiega bene CityRailways – sostenuto poi anche dal comitato Salviamo la Metro C – e sono riassumibili con questa domanda: perché l’efficienza mostrata in occasione della realizzazione di alcune opere pubbliche non è presente quando di tratta di rispettare il cronoprogramma di metropolitane e tranvie?
“Questo è un precedente importantissimo per la realizzazione delle infrastrutture nella città di Roma dove da sempre esiste un evidente doppiopesismo tra opere la mobilità pubblica e opere stradali. Se per metropolitane, tram e ferrovie i progetti devono adattarsi al contesto che è considerato – certamente a ragione – immutevole e intoccabile pena la sospensione ‘a divinis’ dei lavori per nuove strade e parcheggi, accadde anche per l’altro Giubileo del Duemila, con il parcheggio del Gianicolo, ci si accorda e industria in fretta e furia per far sì che le opere possano rapidamente essere realizzate – spiega CityRaylways – Stante l’abnorme aumento post-pandemico degli spostamenti in auto e il crollo degli spostamenti con il mezzo pubblico, se la capitale italiana non vuole restare incatenata agli anni Ottanta del secolo scorso – con buona pace delle classifiche sulla qualità della vita e soprattutto con la realtà quotidiana che i suoi cittadini si trovano ad affrontare – bisognerà che anche per le infrastrutture di mobilità si adotti lo stesso grano salis”.
Gli fa eco Salviamo la Metro C, che pone polemicamente alcune domande e cita – a proposito – il caso-Pigneto.
“Perché i tempi record e la speditissima procedura non sono stati presi in considerazione prima d’ora per la costruzione delle stazioni di una nuova linea metropolitana o di sottopassi tranviari? Perché solo di fronte a un’opera stradale? Pensiamo anche alla realizzazione della stazione ferroviaria del Pigneto, la cui cabina di regia è rimasta al palo per ben 6 anni sullo spostamento dei sottoservizi”.