Nella Capitale, e nelle principali città italiane, è aumentata la quota di immobili in affitto. Ma a spulciare bene i dati forniti da Sidief ieri nel convegno presso Banca d’Italia, “Una casa da vivere – Offerte innovative per nuovi modi di abitare”, si scopre che non si è tuttavia sviluppato un mercato professionale su scala nazionale, come si auspicano da sempre i professionisti del settore. Solo il 14 per cento dei nuovi acquisti della Capitale è infatti destinato alla messa a reddito degli immobili attraverso l’affitto, il resto delle compravendite riguarda la prima casa o la seconda, dunque sono destinate a un uso personale o tutt’al più ai figli. Gli acquisti di case, ad ogni modo, si attestano come una delle scelte più gettonate di chi ha una somma da investire o può permettersi un mutuo, a Roma e nell’intero Lazio, considerato il secondo mercato d’Italia con una quota di quasi 61 mila unità scambiate l’anno scorso.
Se questi sono i dati relativi al Lazio, va detto che una tendenza di crescita nelle locazioni c’è, ma riguarda l’affitto a brevissimo termine, quindi per case vacanze e formule analoghe. In definitiva, così come a Roma, anche in tutta Italia mancano immobili da destinare in affitto. A fine 2018 si stima che almeno un milione di case, quota raddoppiata in due anni, siano stati affittati per periodi brevi durante l’anno, con una media di 4,5 mesi a livello nazionale ma di oltre 9 nelle città turistiche. Se da una parte quello turistico è un affitto remunerativo per i proprietari, rappresenta un motivo di indebolimento per il mercato dell’affitto più in generale: c’è infatti una domanda inevasa che proviene da giovani, studenti e immigrati lavoratori che oscilla tra 2,4 milioni e 2,8 milioni di persone, di cui la metà è in grado di pagare un canone di circa 500 euro al mese. Il mercato della locazione è, però, di sole 670 mila case l’anno. Altre 730 mila case sono infatti destinate alla locazione breve (da un giorno a un anno).
“In Italia la proprietà immobiliare è ancora irrinunciabile per le famiglie, che al 92 per cento sono infatti proprietarie della case dove abitano, quota che in Europa scende all’84 – ha commentato Mario Breglia, Presidente di Sidief – Questo ha determinato l’assenza di una offerta di soluzioni di affitto per categorie sociali più deboli o per chi, come gli immigrati, ha difficoltà ad accedere al mercato dei privati. Solo di recente sono nate iniziative per realizzare residenze specializzate per studenti o per giovani laureati”. Ma qual è il motivo per cui non si è mai sviluppato un vero e proprio settore industriale degli affitti residenziali? Cosa tiene le aziende lontane dal mercato? Lo ha spiegato Fabrizio di Lazzaro, Professore Ordinario di Economia Aziendale Luiss Guido Carli: “L’attività di gestione degli immobili, prettamente di natura industriale, non può essere esercitata nella forma giuridica delle società commerciali per i vincoli fiscali e giuridici che ne caratterizzano l’operatività. In particolare, l’impossibilità di dedurre le quote di ammortamento degli immobili residenziali affittati rende poco redditizi gli investimenti necessari alla riconversione e riqualificazione del patrimonio esistente”. Una delle soluzioni a questo peso eccessivo della fiscalità, che rende l’investimento in case da affittare più vantaggioso per i privati che per le aziende, è quella di eliminare la distinzione fiscale tra immobili strumentali/non strumentali e incentivare l’aggregazione dei patrimoni.
La risposta delle società immobiliari, intervistate sull’argomento sia in un video che nel dibattito di ieri, sono state di sostanziale interesse, ma anche di preoccupazione per la scarsa redditività. “Occorre cogliere il cambiamento e, per fare una metafora, passare dalla casa-taxi alla casa-Uber” – ha dichiarato Gualtiero Tamburini che con la società di cui è presidente, Sorgente Sgr, sta lavorando a una serie di progetti in questo ambito. “Occorre però adeguare la legislazione italiana a quella europea per consentire a questo tipo di investimenti di essere redditizi – ha aggiunto Carlo Alessandro Puri Negri, presidente di Aedes. Sono seguiti i casi di Cassa Depositi e Presiti, che investe nel settore residenziale attraverso il suo fondo Fia e quello di Sidief. “La locazione residenziale – ha spiegato Carola Giuseppetti, Consigliere e Direttore Generale di Sidief – può rappresentare una importante asset class, in grado di catalizzare e attrarre l’attenzione degli investitori istituzionali, che guardano ora con interesse questo comparto. Nei nostri edifici, considerando che a Roma gestiamo 64 palazzi, per 2.100 appartamenti, sono presenti spazi inutilizzati o sottoutilizzati, in particolare aree comuni, cortili, terrazzi, magazzini, negozi ed altri. Per dare un numero, si tratta di più di 20.000 mq di spazi comuni e commerciali solo nella Capitale.
“Da qui – ha concluso Giuseppetti – l’idea di valorizzare questi spazi, non solo per i propri abitanti ma anche per gli utenti del quartiere, e cominciare a viverli, per farli tornare ad essere luoghi di socializzazione, come nel passato. Il meccanismo di condivisione sarà aperto ai clienti Sidief partendo da un progetto pilota di Roma per poi estendersi in tutta Italia creando un network nazionale e garantirà a tutti di condividere esperienze, possibilità̀ e spazi in tempo reale”.