Dopo mesi di tira e molla e di trattative più o meno serrate al Ministero dell’Economia è stata apposta la firma di Giancarlo Giorgetti e del ceo di Lufthansa, Carsten Spohr sull’accordo preliminare per l’ingresso del vettore teutonico nel capitale dell’erede di Alitalia.
I fantasmi dell’Alitalia forse questa volta sono soltanto un brutto ricordo. Ita e Lufthansa hanno ufficializzato il loro matrimonio, dando vita a un modello industriale che vede lo Stato italiano affiancato da un solido partner straniero. Ora non resta che vincere la sfida del mercato e quella sì, che sarà difficile. Dopo mesi di tira e molla e di trattative più o meno serrate al Ministero dell’Economia è stata apposta la firma di Giancarlo Giorgetti e del ceo di Lufthansa, Carsten Spohr sull’accordo preliminare per l’ingresso del vettore teutonico nel capitale dell’erede di Alitalia.
Un’operazione industriale di peso e con Giorgetti stesso nella veste di regista, che prova a seppellire una volta per tutti una stagione lunga tre decenni, con quell’Alitalia più simile a un’idrovora di soldi pubblici che a un asset di pregio. La tabella di marcia è serrata, d’altronde con le low cost sempre più agguerrite e con una concorrenza globale che non lascia molto spazio all’immaginazione, non può essere altrimenti. Si parte con un investimento di 320 milioni del gruppo tedesco per l’acquisizione fino al 40% dell’ex compagnia di bandiera, attraverso un aumento di capitale riservato. Per l’esborso, tuttavia, si dovrà attendere il closing dell’operazione, che avverrà dopo il via libera dell’Antitrust europeo, presumibilmente in autunno.
L’operazione che vede protagonista uno dei maggiori vettori europei (riacciuffato per i capelli in piena pandemia dal governo tedesco con un salvataggio pilotato da 9 miliardi di euro), segna indubbiamente una svolta per la compagnia tricolore ma anche per la stessa industria dei trasporti italiana. Essenzialmente per tre motivi, alcuni dei quali dal chiaro sapore storico. Primo, si proverà finalmente a dare un calcio al passato e ai suoi disastri che rispondono al nome di Alitalia, affidando Ita a un partner di peso e dalle spalle sufficientemente grosse, quale è Lufthansa.
Secondo, il Tesoro si alleggerirà di un carico non certo leggero (la compagnia era al 100% pubblica prima del deal con i tedeschi) consegnando un asset per certi punti di vista pregiato al mercato. E liberandosi in ultima istanza, terzo aspetto, da quelle tentazioni nazionaliste applicate all’industria sempre in agguato e dallo spettro di strampalate operazioni industriali, che in passato hanno fatto capolino più volte. Certo, il futuro è tutto da scrivere e sarà meglio tenere i nervi saldi.
C’è da tornare competitivi sul medio e lungo raggio: nel piano industriale c’è una flotta da 100 velivoli e il rilancio di Linate, oltre all’irrobustimento di alcune tratte strategiche. Qui sarà l’ossatura del nuovo vettore a fare la differenza. A fine 2027 Ita conterà su 94 aeromobili rispetto ai 71 attuali, con un’età media di cinque anni, e garantirà l’ottimizzazione dei consumi e dell’impatto ambientale. L’organico, per il quale è prevista quest’anno una crescita fino a 4.300 dipendenti per effetto delle 1.200 assunzioni in corso di finalizzazione, salirà a oltre 5.500 unità al termine del piano.
E poi bisognerà lavorare sulle rotte. Nel network di Ita un ruolo importante è affidato all’aeroporto di Fiumicino, ponte per il Nord Africa e il Sud America. Qui verranno rafforzati i collegamenti per il Nord America e l’Asia attraverso accordi di code sharing con Lufthansa. E verrà potenziata la presenza sullo scalo di Linate.