Questa è la storia dei trasporti su Metropolitana di un paese dove la Capitale è stata abbandonata. Gli impietosi numeri di confronto tra i binari sotterranei di Milano e Roma dicono tutto su come la Città Santa, la Città Eterna, la Grande Bellezza, comunque la si voglia chiamare, è stata lasciata a se stessa. Senza speranze. E senza giustificazioni per tutti quei partiti che si sono avvicendati nel dopoguerra, dal vecchio al nuovo centrosinistra, dalle amministrazioni di centrodestra a quelle di centro. Basta guardare i semplici e innocenti numeri.
I numeri
A Roma, la prima linea fu progettata negli anni Trenta (quando i treni erano sempre puntuali e si poteva lasciare la porta aperta tanto la città era sicura, ma a quanto pare non c’era molta fretta…). Per ben dieci anni, infatti, si concluse poco o nulla e poi scoppiò la guerra e si fermò tutto. Anche a voler essere magnanimi e volendo datare l’inizio dei lavori delle linee a Roma al 1948, quando in realtà ripresero i lavori, ci ritroviamo nel 2016, a poco meno di settant’anni (68 per l’esattezza) dall’inizio, con un “bottino” di soli 60 chilometri a disposizione della cittadinanza.
Milano, invece, pur avendo iniziato la prima linea nel 1954, si trova adesso a gestire quasi 100 chilometri di linee sotterranee. Ci sono voluti 62 anni per realizzarli, il che significa che si procede al ritmo di 1,6 chilometri all’anno.
Per contro Roma ci ha messo 68 anni per costruire 60 km, al ritmo ben più modesto di 0,88 chilometri all’anno. Cioè, come si vede, praticamente la metà.
Le differenze per abitanti ed estensione
Se Milano e Roma fossero città simili per estensione e abitanti, ci sarebbe soltanto da rammaricarsi per la lentezza con cui si è proceduto. Ma le due città non sono per niente uguali: Roma ha ufficialmente 2.670.000 abitanti (magari in realtà saranno molti di più), Milano ne ha meno della metà (1.250.000). La superficie di Roma è dodici volte quella di Milano (2.227 kmq contro 181). Per contro, la densità, ovvero gli abitanti per chilometro, è più elevata nella città lombarda (7.433/kmq contro 2.227).
Se fossero rispettate le proporzioni con la popolazione, Roma dovrebbe avere più del doppio dei chilometri realizzati a Milano, e cioè non meno di 200-220, ovvero quasi quattro volte quelli che ha oggi. E ne avrebbe bisogno, visto che si espande su una superficie che è quasi 12 volte quella di Milano: tra l’altro proprio questa grande estensione rende i trasporti su strada lunghi, faticosi e inefficienti, oltre che costosi: essendo la città poco compatta rispetto a Milano, muoversi da una parte all’altra costa ed è anche pericoloso (più chilometri si fanno più si alza il rischio di incidenti).
Costi stratosferici
Quando passiamo ai costi, ci rendiamo conto che molti in questa storia hanno barato a Roma. Limitiamoci alla Linea C, l’ultima realizzata,benché ancora incompleta: 135 milioni a chilometro contro i 30 milioni a km di Madrid, i 65 di Parigi e gli 88 di Copenhagen. Inutile accampare in questo caso, come scusa per i maggiori costi sostenuti, gli enormi problemi (che pur ci sono) dovuti alla presenza di reperti archeologici nell’area romana. Perché la parte di Linea C già aperta è stata realizzata in parte in superficie sfruttando peraltro una quota di binari già esistenti. E va così fuori da Roma, oltre il raccordo anulare, che i reperti archeologici sono scarsi o nulli anche quando si muove sottoterra.
Quando verrà l’ora di terminare la parte più importante, quella che attraversa il centro andando da San Giovanni ai Fori imperiali (benché il progetto originario sia di passare infine da Piazza Venezia per raggiungere il Vaticano), il costo già progettato arriverà alla stratosferica cifra di 272 milioni a chilometro!
I vizi di pianificazione
Chi progetta i percorsi delle metro e il raccordo fra di loro? Non si sa, ma guardando la Linea C un dubbio emerge: era proprio così necessaria una metro che va da Pantano, ben oltre il raccordo anulare, al centro? Davvero la zona è così popolata che una metro era indispensabile mentre non è assicurata un’efficiente rete di metro proprio dove sarebbe più necessaria ovvero nelle aree più centrali? Dubbi amletici? No. Solo una mera constatazione: la Linea C finora porta solo 18 milioni di viaggiatori all’anno, un nono della Linea A, che ha soltanto 5 km in più di lunghezza. A guardare queste cifra la domanda è se i Grandi Progettisti abbiano ben pensato a dove i soldi finivano quando si è deciso di finanziare la Linea C.
A parziale giustificazione bisogna dire che la Linea C non arriva ancora neppure all’interscambio con la Metro A di San Giovanni, poiché si ferma alla fermata precedente (Lodi). Tuttavia, considerando che la linea C si snoda già per 18 chilometri, se fosse così indispensabile, molti avrebbero già approfittato per arrivare alle porte della Metro A di San Giovanni, arrangiandosi altrimenti per ulteriori spostamenti. Invece il numero attuale di viaggiatori è già lo specchio di un fallimento progettuale.
Progetti e piani di finanziamento
Chi studia i flussi delle persone da una parte all’altra della città? Chi decide che tipo di percorsi dovrebbero fare le metropolitane future per assecondare questi flussi? Chi li raccorda fra di loro? A Parigi o a Londra in una stessa stazione ci sono a volte anche tre-quattro linee. Qui c’è soltanto un’intersezione, a Termini, fra Linea A e Linea B. C’è, è vero, l’intersezione progettata a san Giovanni fra linea A e C, ma perché nessuno ha mai pensato di raccordare anche le sole due linee esistenti nei quattro punti esterni alla croce che formano in modo da consentire a un gran numero di persone di agganciarsi a una metro?
Tutte domande senza risposta. Così come senza risposta sono le modalità di finanziamento delle opere, da cui dipende l’andamento a singhiozzo dei lavori, spesso privi della necessaria copertura.
Su chi abbia tuttavia abbandonato la Capitale a trasporti inefficienti, costosi, inquinanti e arretrati la risposta invece c’è: tutte le classi politiche che si sono avvicendate dal dopoguerra ad oggi senza distinzione di appartenenza. Sono loro che hanno abbandonato la Capitale al degrado dei trasporti.