Lazio e rifiuti, un disastro ai tempi della plastic tax. Ma d’altronde, come fare altrimenti senza impianti adeguati? Non è davvero un caso se nell’ultima indagine di Fise-Assoambiente si parla senza giri di parole di “carenza di un’adeguata impiantistica per il riciclo dei rifiuti, assenza di valorizzazione energetica per quanto non riciclabile, turismo dei rifiuti verso altre Regioni, affidamento eccessivo allo smaltimento in discarica”. Una fotografia impietosa scattata dall’ associazione delle imprese del trattamento dei rifiuti e bonifica, su tre regioni italiane: Lazio, Campania e Sicilia. E per il Lazio, ci sono brutte, bruttissime notizie. Tanto per cominciare, la regione bagnata dal Tevere è il motore di quel fenomeno chiamato turismo dei rifiuti. Tutto quello che non si riesce a smaltire, finisce spedito in altre regioni dotate di inceneritori o termovalorizzatori. Il 64% dell”umido raccolto nei cassonetti viene inviato fuori Regione. Con dei costi per la collettività.
I rifiuti raccolti in modo indifferenziato, il 54%, vengono avviati a impianti trattamento meccanico-biologico, ma solo come passaggio preliminare alla discarica (circa 41% dell’indifferenziato) e incenerimento fuori Regione (36,5%). “Nei prossimi 6 mesi – scrive Assoambiente – la capacità residua delle discariche laziali sarà terminata, accentuando ulteriormente lo stato di emergenza”. In Sicilia c’è il “record di discarica e impianti di riciclo e recupero. La gestione dei rifiuti è condizionata dalla percentuale record di conferimento in discarica (73%). Solo il 22% viene raccolto in modo differenziato, dato più basso a livello nazionale. Anche qui il passaggio negli impianti di trattamento meccanico-biologico è propedeutico, addirittura per il 96% dei quantitativi, al successivo conferimento in discarica. Il recupero di materia resta un’ipotesi residuale. La voce incenerimento non è presa in considerazione”