Il 38,5 per cento dei contratti è di un giorno
I lavoratori del Lazio sono i più precari d’Italia. Stando ai dati, analizzati dalla Cgil di Roma e del Lazio, il numero di contratti della durata di un giorno nel Lazio pesa al 38,5 per cento sul numero totale delle cessazioni, a fronte del 12,9 e del 12,4 per cento della Campania e della Lombardia, rispettivamente seconda e terza in classifica. Il Lazio stacca notevolmente anche la media nazionale del 12,6 per cento di contratti di un giorno che pesano sul numero totale delle cessazioni del 2022. In linea generale l’88,7 per cento dei lavoratori del Lazio ha un impiego precario e soltanto l’11,3 per cento può contare su un contratto a tempo determinato. “Questi dati disegnano un Lazio sempre più precario e la crescita del numero di contratti attivati è trainata dai contratti a tempo determinato di breve e brevissima durata”, spiega il segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola.
E infatti, nello scorso anno, sono stati registrati 1.907.790 nuovi rapporti di lavoro a fronte di 1.857.341 cessazioni. Le attivazioni hanno riguardato 775.000 persone, le cessazioni hanno interessato 740.000 lavoratori. Il saldo tra attivazioni e cessazioni totali resta positivo ma non va oltre le 50 mila unità. Tra i 775.000 che a fine dello scorso anno avevano sottoscritto un contratto di lavoro, soltanto l’11,3 per cento è stato inquadrato a tempo indeterminato. Il restante 88,7 per cento è suddiviso tra: 66,6 per cento a tempo determinato, 16,5 per cento altre forme di contratto, 3,4 per cento contratti di collaborazione, 2,2 per cento contratti di apprendistato. Tra i 740.000 che invece hanno registrato una cessazione ben il 78,9 per cento è legato alla scadenza di un contratto a termine, la fetta principale. L’11,9 per cento è dovuto a dimissioni, il 4,7 per cento a licenziamento, il restante 4,5 per cento è riconducibile ad altre cause.
Nel Lazio, tra i contratti cessati, quelli che avevano una durata inferiore ai 30 giorni è in aumento: la percentuale passa dal 56,6 per cento del 2018 al 59,8 per cento del 2022. Il dato regionale appare nettamente in controtendenza con la fotografia scattata dall’Istat, sui dati del primo trimestre del 2023, e che vede un aumento dei dipendenti a tempo indeterminato di 542 mila unità e un calo di quelli a termine di 79 mila unità. Su base locale “già nel primo trimestre 2023 nel Lazio il rapporto tra contratti cessati e persone coinvolte è pari a 2,08 – prosegue Di Cola -. Significa che poco più di 190.000 lavoratrici e lavoratori sono rimaste senza lavoro almeno due volte nel giro di tre mesi. Un rapporto in aumento rispetto al primo trimestre 2022, che evidenzia una maggiore precarietà. La serie storica evidenzia che nel Lazio il ricorso ai contratti di un solo giorno, e comunque inferiori al mese, è un fenomeno strutturale e in aumento”.
Il consolidamento del precariato nel Lazio, in controtendenza con l’andamento nazionale, “in parte è legato al diverso insediamento dei settori produttivi e del lavoro nella nostra regione rispetto alle altre – sottolinea il segretario romano della Cgil -. Nel Lazio abbiamo settori in cui il lavoro va ben oltre il concetto di discontinuità. Pensiamo al mondo dello spettacolo e della produzione culturale: l’Inps nel 2022 ha certificato che oltre 55.000 attori nel Lazio hanno lavorato con contratti da lavoro dipendente mediamente sei giorni nel corso dell’anno”. E in questo contesto, “abbiamo bisogno di scelte importanti per invertire la tendenza, come continuiamo a chiedere con le nostre mobilitazioni, sia a livello nazionale con normative per abolire il precariato, sia a livello locale partendo dal Patto per il lavoro e lo sviluppo sostenibile, proposto unitariamente a Roma Capitale, che ancora non vede la luce, e aprendo il prima possibile il confronto con la Regione Lazio, che deve dare attuazione alla legge regionale sugli appalti”, conclude Di Cola.