Lo scorso 8 agosto la Pisana ha lanciato Invest Lazio, l'incubatore per attrarre investimenti. Ma la crisi di governo rischi di vanificare il tutto
La crisi di governo fa male al Lazio. Il governo gialloverde è finito e il futuro di migliaia di lavoratori del Lazio è ufficialmente a rischio. Sono 22 in tutto le aziende in crisi nella Regione e molti dei tavoli in corso fino a ieri al ministero dello Sviluppo economico sono in balìa dell’incertezza. Medie e grandi imprese in difficoltà che temono la mancanza di un governo stabile. E l’arrivo dei licenziamenti.
Pensare che proprio lo scorso 8 agosto, giorno dell’apertura della crisi, La Giunta regionale del Lazio ha approvato il progetto per la costituzione dell’unità per la crescita e l’occupazione ‘Invest in Lazio‘. La struttura avrà il compito di monitorale lo stato delle imprese e dell’occupazione, attrarre nuovi investimenti, contrastare le delocalizzazioni e prevenire le crisi aziendali. Sono previste l’istituzione della Conferenza annuale delle camere di commercio, la definizione di un Piano territoriale delle attivita’ produttive e la creazione dell’Unita’ di sviluppo e lavoro.
Tornando ad oggi, ad avere pesanti ricadute sul Lazio, ha scritto Repubblica, sono anche vertenze nazionali: è il caso di Alitalia che ha 11 mila dipendenti di cui 9 mila impiegati tra Roma e Fiumicino. Entro il 15 settembre dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere presentato il nuovo piano industriale per il rilancio della compagnia aerea da parte di quattro soggetti: Ferrovie dello Stato e Atlantia (ciascuna dovrebbe detenere il 35 per cento del capitale), il ministero dell’Economia e l’americana Delta Airline, con il 15 per cento a testa.
“Questa è un’operazione che può essere portata avanti solo con un governo forte – commenta Fabrizio Cuscito, lavoratore e sindacalista Cgil di Alitalia – A meno di un mese dalla conclusione di una situazione così delicata è da irresponsabili mettere i lavoratori di fronte a tanta incertezza”. Insieme al ministro del Lavoro Luigi Di Maio, decade anche la promessa di ricollocamento per oltre 2.000 potenziali esuberi e senza garanzie potrebbero essere per primi i lavoratori a opporsi al nuovo piano industriale. Sempre che il nuovo governo voglia proseguire sul sentiero già tracciato.