Sono tanti i tavoli di crisi industriali aperti. In gioco il destino di centinaia di lavoratori e artigiani
Fiorucci, Stellantis, Reno de Medici. E persino l’agenzia Dire. È decisamente lunga la lista delle crisi industriali nel Lazio, dopo due anni di pandemia, due guerre alle porte d’Europa, un’inflazione che solo adesso si sta sopendo, peraltro a caro prezzo vista la morsa dei tassi. La verità è che le imprese nel Lazio soffrono e con esse intere famiglie non dormono la notte.
Un esempio? Anche se i dati del primo semestre del 2023 parlano di un’occupazione in crescita nel Lazio, +2,5%, il report della Uil e dell’Eures dice molto altro. E cioè che il segno più si deve a contratti sempre più precari e a breve termine, inferiori a un mese o anche di un solo giorno. Il mercato del lavoro in regione continua a faticare e prova ne sono i diversi tavoli di crisi aperti o chiusi con buona pace dei posti di lavoro.
Prova ne sono le vicende che riguardano due aziende romane di servizi informatici, la Essematica e la Softlab. La prima ha licenziato già 30 dipendenti. La seconda ne ha 700 in cassa integrazione, senza stipendio da 4 mesi. Poi c’è il caso della Fiorucci: 220 tute bianche a rischio taglio, il 50% dell’organico. Alla crisi non sfugge neppure la provincia di Rieti. Il pastificio Antica pasta ha tagliato 60 dipendenti. Ancora, Stellantis.
L’ex Fiat non ha convinto molto i lavoratori dello stabilimento di Piedimonte, dove il 14 marzo si recherà una delegazione della Regione Lazio. L’incontro era stato annunciato in commissione per lo Sviluppo Economico e le Attività Produttive lo scorso 16 gennaio, facendo seguito agli obiettivi della mozione presentata dall’opposizione e approvata all’unanimità dal Consiglio del Lazio lo scorso dicembre. La vicepresidente della Regione Lazio e assessore allo Sviluppo Economico, Roberta Angelilli, e il presidente della commissione del Consiglio regionale Enrico Tiero, avevano chiesto un incontro presso lo stabilimento di Stellantis di Piedimonte San Germano contestualmente alla possibilità di visitare la fabbrica.
Con le grandi fabbriche che chiudono, mandando per la strada decine di lavoratori, anche l’artigianato, che spesso compra dall’industria la materia prima, ne risente. Non può essere certo un caso se nel solo 2023, dati di Confartigianato, sono sparite 670 imprese artigiane in un anno. Una tendenza continua, che va avanti da anni, e che ha portato l’Albo delle imprese artigiane della regione a scendere dalle oltre centomila iscrizioni del 2012 (101.300) alle circa 90 mila attuali, con una perdita, dunque, di più di diecimila unità.