Così fan tutti. E quindi così fa anche Roberto Gualtieri. E’ questa la risposta del sindaco di Roma, a chi gli fa notare che ottantacinque nomine in Campidoglio sono forse troppe. Per di più pure a chiamata diretta con nomi pescati principalmente nel cerchio magico della politica romana piddina. E soprattutto in tempi in cui bisogna fare attenzione alle spese che sono finanziate con le tasse dei cittadini. Lo staff del sindaco ha spiegato alla stampa di aver semplicemente “confermato una dotazione identica alle amministrazioni Raggi, Marino e Alemanno, 110 unità, e budget – identico alla giunta Raggi – di 6,6 milioni. Sono figure previste dalla legge, chiamate direttamente perché c’è un rapporto di fiduciario”. Tutto regolare, quindi. Fatto sta che l’operazione costerà più di quattro milioni di euro l’anno per ottantacinque nomine. Circa 47mila euro a testa. E’ la stima degli avversari di centrodestra che vanno all’attacco del nuovo inquilino del Campidoglio.
La questione, che arriva dopo un’infornata di nomine nelle partecipate, è finita nel mirino della commissione trasparenza, convocata dal presidente Andrea De Priamo di Fratelli d’Italia. Anche il personale in questione verrà pagato per cinque anni per un totale di 20 milioni di euro. Si tratta davvero di una spesa essenziale? O forse il denaro pubblico poteva essere meglio orientato? Nel nuovo assetto dell’ufficio di gabinetto del sindaco, varato dalla giunta Gualtieri lo scorso 2 dicembre, ci sono cinque posizioni in più rispetto a quello della giunta Raggi con la nascita dell’Ufficio LGBT e degli uffici di scopo Expo 2030, Politiche giovanili, giuridico e clima. Stabile a quattro unità la segreteria generale, mentre scende di quattro persone la direzione generale. Tutto secondo le regole e la prassi. Del resto, la legge consente anche di reclutare all’esterno dell’amministrazione professionalità che non esistono nell’organico pubblico. Tuttavia la situazione di bilancio del Comune richiederebbe una maggiore attenzione al livello e alla qualità della spesa pubblica. Senza contare che si fa fatica ad immaginare che non esistano competenze adeguate in un’amministrazione della taglia di Roma Capitale: nel 2019 il comune poteva contare su una pianta organica di 23.483 persone, una popolazione superiore alla dimensione di una cittadina come l’intera Grottaferrata.
Secondo l’Ufficio di Statistica di Roma Capitale, sulla base dei dati del dipartimento organizzazione risorse umane, del totale dipendenti ben 322 sono dedicati alla “famiglia comunicazione”, più del doppio di quella informatica e telematica (146 addetti) di cui pure il comune avrebbe decisamente bisogno per implementare i servizi ai cittadini via web. Qualcosa insomma non torna se c’è bisogno di ulteriore personale per comunicare. E non di nuovi tecnici. E se le assunzioni servono a riposizionare profili più politici che tecnici. Non resta che domandarsi che cosa potrà accadere negli organici delle amministrazioni locali quando, con le prossime elezioni, il numero dei parlamentare e di conseguenza anche i loro staff scenderà tagliando fuori la metà degli onorevoli e una buona fetta di personale che lavora con loro.