Un cittadino su due voterebbe per un ritorno al nucleare secondo Swg. Ma solo un cittadino su dieci, tuttavia, conosce le tecnologie più evolute attualmente allo studio
L’atomo avanza, un poco alla volta. E guadagna terreno. Ai tempi dei grandi interrogativi sul Green new deal, le cui scadenze hanno colto di sorpresa e impreparata l’industria dell’auto e della scommessa, tutta da decifrare, dell’auto elettrica, il nucleare torna al centro del villaggio. E, attenzione, non è solo una questione di palazzo, di strategia politica.
Sono gli stessi italiani a crederci sempre di più, come dimostra uno sondaggio di Swg presentato in occasione della sesta edizione dell’Intelligence week, joint venture di Vento & Associati e Dune Tech Companies, a Palazzo Altieri, sotto lo slogan Dalla formazione all’industria, la ripartenza del nucleare in Italia. A dibattere sul futuro dell’atomo in Italia, sono stati manager, esperti, economisti e rappresentati delle istituzioni, unitamente ai ministri del Made in Italy, Adolfo Urso e dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Mentre tra le imprese che hanno sostenuto l’iniziativa figurano Edison, Enel, newcleo, Sogin, Alpha Ring, Protection Solutions e Transmutex.
Ebbene, partendo proprio dal senso degli italiani per l’atomo, un cittadino su due voterebbe per un ritorno al nucleare secondo Swg. Addirittura il 79% considera la newco lanciata da Enel, Ansaldo e Leonardo e di cui si sta parlando in queste settimane con l’obiettivo di portare in Italia il nucleare di ultima generazione, “un’adeguata risposta al crescente bisogno di elettricità nel Paese”.
Solo un cittadino su dieci, tuttavia, conosce le tecnologie più evolute attualmente allo studio, a partire dagli Small modular reactors, considerati tra i più promettenti per le potenziali efficienze sui costi e l’elevata sicurezza. Strumenti però di cui solo una minoranza sa che possono riutilizzare le scorie come combustibile. Insomma, oltre il 51% degli italiani sarebbero pronti a votare a favore della costruzione di centrali nucleare di nuova generazione nel caso di fosse un referendum consultivo.
Fermo restando che la sicurezza resta una prerogativa essenziale e imprescindibile. Tanto che meno di un italiano su tre sa come vengono gestiti oggi i rifiuti radioattivi in Italia. In generale prevale un senso di inadeguatezza. Riguardo la collocazione di nuove centrali, sempre secondo Swg, il 30% preferirebbe che fossero costruite nei siti che ospitavano le vecchie centrali, mentre il 43% vorrebbe che fossero edificate in nuovi siti definiti idonei dalle autorità.
Inoltre, il 71% degli italiani ritiene che la realizzazione di un’opera autorizzata secondo tutti i criteri di sicurezza definiti dallo Stato, sia essa una nuova centrale nucleare o un deposito di stoccaggio di prodotti radioattivi, non può essere fermata da movimenti di protesta minoritari.