Produzione olive 2019, andamento a macchia di leopardo

Ancora difficile fare una stima sul risultato della filiera olivicola 2019. Ci sono zone che hanno visto un notevole incremento ed altre in discesa verticale.

E’ ancora presto per tirare le somme sulla raccolta delle olive dell’anno in corso.

Ma già da ora appare chiaro che ci sono regioni che possono vantare un notevole incremento nella produzione ed altre che sono in perdita netta.

Il primo grido di allarme è arrivato dal Consorzio di Tutela Olio Garda Dop che, addirittura, chiede lo stato di calamità naturale per compensare il crollo stimato del 90/95% rispetto agli anni precedenti.

Altrettanto negativa la situazione di Veneto, Lombardia e in Lazio, soprattutto nel Viterbese. Anche in molte zone laziali il crollo è stato notevole. Chi dice – 19% chi, dal campo, ci dice – 40% almeno . Al punto che, parlando con diversi agricoltori, ci confessano che non conviene avviare nemmeno la raccolta.

Molti frantoi hanno aperto con anticipo su altre stagioni per dare la possibilità di consegnare le olive il prima possibile, dato che dal clima e dai parassiti possono aggiungersi altri guai.

Il meteo primaverile/estivo è stato con continuità un nemico mortale: il maggio incredibilmente freddo ha ritardato la fioritura corretta degli ulivi. Un vecchio detto “Fioritura di aprile si riempie il barile, fioritura di maggio si condisca in abbondanza, fioritura di giugno si stringa il pugno” fotografa perfettamente la situazione olivicola del 2019.

Poi è arrivata un’estate caldissima con carenza di piogge equilibrate e fondamentali. Passaggi di venti forti e grandinate a zone hanno martellato le piantagioni e intaccato irreparabilmente i frutti. Non sono, inoltre, mancati vecchi e nuovi parassiti e malattie. L’ulivo, pur essendo considerata una pianta forte, non ce l’ha fatta a subire tante e tali calamità.

I nostri vecchi per troppi anni hanno contato solo sulle cure indispensabili: concime, verderame e zolfo, tramandando questo sistema alle generazioni seguenti. Ma, a quei tempi, l’olio era prodotto praticamente per uso domestico e l’impegno a farne un prodotto di punta del made in Italy ancora lontano. L’oro verde italiano è sicuramente il migliore del mondo, sia per qualità che per proprietà organolettiche.

Ma gli strumenti e le conoscenze di molti agricoltori spesso non sono sufficienti e l’individualismo, durissimo a spegnersi, impediscono di fare rete. Questo va sicuramente a svantaggio dell’informazione, della quantità consegnata e dalla possibilità di ottenere incentivi e riconoscimenti documentati del prodotto.

Negli anni abbiamo visto diversi contadini “buttare” l’olio eccedente le necessità di casa!! Eppure la richiesta è sempre più alta e gli scaffali dei negozi moltiplicano, con successo, l’offerta alla clientela. Prezzi bassi, confezioni accattivanti, qualche spot pubblicitario e il gioco è fatto. Certo un “vero” olio extravergine italiano non può essere rivenduto a 4/5 E/litro confezione compresa.

I nuovi e giovani agricoltori ce la mettono tutta ma, nessuno sforzo può battere le file di cisterne piene di “olio” che arrivano tranquillamente sul nostro mercato. Finora per l’agricoltura è stato fatto quasi niente e le sovvenzioni sono cadute esclusivamente in punti stabiliti e nelle mani dei più furbi. Perché i sindacati che dovrebbero difendere e spingere i coltivatori NON riprendono in mano il loro mandato, onorandolo fino in fondo?

La campagna, così com’è supportata ora, fra poco sarà nuovamente abbandonata perché non sufficientemente redditizia e rispettata dallo Stato e dalla pubblica amministrazione.

E’ davvero a nome dei piccoli e medi agricoltori che chiediamo CON FORZA un intervento del Ministro Bellanova perché dia nuovo slancio e fiducia al nostro territorio.

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