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Regione Lazio: oggi si vota il bilancio. Cgil: “Aumento fiscale di 350 mln sulle spalle delle classi medio-basse”

Intanto si decidono le nomine delle commissioni. Tra le opposizioni scontento nel Terzo polo che rischia di rimanere senza

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Lazio: bilancio al voto del Consiglio ma opposizioni all’attacco, pronte le commissioni
Roma, 29 mar 11:00 – (Agenzia Nova) – Mentre oggi in Consiglio regionale del Lazio sarà votata la manovra di bilancio 2023-2025, i partiti hanno trovato l’intesa sulle commissioni regionali. Uno schema basato sul numero dei consiglieri eletti nel centrodestra: 22 di Fratelli d’Italia, 3 della Lega, 3 di Forza Italia, 1 dell’Udc, 1 della Lista Rocca. Secondo quanto si apprende, dopo giorni di trattative serrate, la spartizione delle 13 presidenze delle commissioni permanenti prevede: 7 a Fd’I, una a testa a Lega, Forza Italia, Unione di Centro e Lista Rocca. In particolare, per la commissione sanità il nome è quello di Alessia Savo, consigliere regionale e comunale a Frosinone di Fratelli d’Italia. Per la presidenza della commissione bilancio è in pole Marco Bertucci. Sempre in quota Fratelli d’Italia, Flavio Cera è favorito per gli affari costituzionali. Si tratta di una commissione strategica, che dovrà affrontare anche la questione della riforma dello statuto, anche per la futura nomina di 4 sottosegretari. Poi la consigliera Laura Corrotti dovrebbe avere l’urbanistica, rifiuti e casa. Emanuela Mari avrà la presidenza della commissione Affari Europei. Enrico Tiero guiderà la commissione sviluppo economico, Valentina Paterna all’agricoltura ed ambiente.

Passando a Forza Italia, è quasi certa la presidenza della commissione lavori pubblici e trasporti a Cosmo Mitrano. L’Udc con Nazareno Neri dovrebbe presiedere la commissione ricostruzione. Nelle ultime ore di trattativa, in due caselle ci potrebbe essere un avvicendamento che riguarda la Lega: formazione e lavoro dovrebbe toccare al leghista Angelo Tripodi, mentre turismo, sport e cultura a Mario Crea della lista Rocca. Sempre al Carroccio la guida del Comitato di monitoraggio sull’attuazione delle leggi, con la presidenza che dovrebbe andare a Laura Cartaginese.

Alle opposizioni, infine, spettano le presidenze di due commissioni: vigilanza sul pluralismo dell’Informazione e trasparenza. Ma il clima è teso sul versante del centrosinistra: il Terzo polo dopo aver perso l’ufficio di presidenza, andato al M5s, ora rischia di non avere nemmeno una commissione di garanzia, che potrebbero andare al Partito democratico. Per tale ragione Marietta Tidei di Italia viva e Luciano Nobili di Azione sono sul piede di guerra. In particolare, Marta Bonafoni della Lista civica D’Amato dovrebbe guidare la trasparenza ed Enrico Panunzi la vigilanza sull’Informazione. È proprio quest’ultima commissione quella contesa dal Terzo polo che, però, difficilmente avrà campo libero. Tuttavia le trattative sono ancora in corso. A sinistra, inoltre, ci sarebbe anche Alleanza verdi e sinistra, capeggiata da Claudio Marotta, a reclamare una presidenza. In questo caso, il Pd per evitare ulteriori frizioni, potrebbe chiudere l’accordo su una delle commissioni speciali, Grandi Eventi, che insieme a Expo, saranno istituite in un secondo momento, prima dell’assestamento di bilancio. Il presidente del Consiglio, Antonello Aurigemma, dopo la votazione del bilancio, dovrebbe formalizzare i decreti di nomina delle commissioni: l’insediamento è previsto tra questo fine settimana o la prossima, con le votazioni di presidenti e vicepresidenti.

Intanto oggi si vota la manovra di bilancio, l’assessore Giancarlo Righini, intervenendo ieri in Aula per la sua relazione ha riferito che i 22,8 miliardi di euro impongono una opera di risanamento urgente. Il quadro di finanza pubblica per il triennio 2023-25, ha spiegato l’assessore al bilancio, “è inevitabilmente condizionato dai risultati negativi della gestione precedente e quindi il bilancio di previsione sarà prettamente tecnico; dei circa dieci miliardi di entrate previste in totale, la gran parte dovrà andare a coprire spese di tipo corrente e pertanto non elastiche. Non è prevista accensione di nuovo debito in seguito alle prescrizioni della Corte dei conti finalizzate al risanamento dei conti regionali”. Come più volte ha spiegato il governatore Rocca, si tratta di un bilancio tecnico “fotocopia” della precedente giunta, ma l’opposizione e i sindacati sono passati all’attacco sulla riduzione del fondo per alleggerire la pressione fiscale.

Natale Di Cola, segretario regionale Cgil di Roma e del Lazio, ha contestato l’affermazione che si tratti di un bilancio prettamente “tecnico”, avendo ravvisato scelte di natura politica all’interno delle disposizioni. Il segretario regionale della Cgil ha sottolineato come la scelta di non rifinanziare il fondo cosiddetto tagliatasse sia di natura politica, “che comporterà un aumento fiscale di circa 350 milioni di euro, quasi tutti a danno delle classi medio-basse, in un contesto dove Roma e il Lazio hanno il triste primato di essere i più tassati d’Italia”. Sulle stesse posizioni anche i partiti di opposizione alla Pisana. “Stratta di un bilancio che non alloca risorse, anzi, taglia i servizi e questo non può essere certo motivo di soddisfazione”, inoltre, “il rialzo delle aliquote e la non proporzionalità in base alle fasce di reddito sono anche due elementi preoccupanti”, ha detto Roberta Della Casa, capogruppo del M5s. Per il consigliere Pd, Daniele Leodori: “In questo inizio ci sono avvisaglie preoccupanti: Sul debito c’è una situazione diversa rispetto a 10 anni fa, l’indebitamento ora è conosciuto, certificato dalla Corte dei Conti”. Il consigliere Alessio D’amato di Insieme per il Lazio, sulla manovra finanziaria, ha precisato che “da parte nostra non c’è la volontà di ritardare l’adozione di questo provvedimento, mi preme però ricordare di salvaguardare le prerogative del Consiglio regionale in ambito alla sua attività legislativa sul tema del disavanzo sanitario. Dobbiamo fare una discussione franca”.

Dal canto suo, l’assessore Righini ha replicato alle accuse sottolineando: “Non c’è nessun aumento dell’Irpef. L’addizionale era già del 3.33 per cento ed è rimasta tale. È stato definanziato il fondo per la riduzione della pressione fiscale, per il semplice motivo che non era possibile trovare coperture finanziarie – ha spiegato l’assessore – alla luce del fatto che la Corte dei Conti ha vietato la contrazione di nuovo debito”. L’interlocuzione con il governo è iniziata, “già nelle prossime ore – ha spiegato Righini – scenderemo più nel dettaglio” per congelare parte del debito, “fermo restando che vogliamo onorare il pagamento degli interessi, pari a 520 milioni di euro, e negoziare i restanti 800 milioni. C’è il tema che una parte del debito rinegoziato è stato affidato a Cassa depositi e prestiti e questo impone una necessità di condivisione con il creditore. Quindi non basterà il Mef – ha concluso Righini ‐. Servirà Cassa depositi e prestiti e ragioneria dello Stato”.

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