Il timore è che per i romani quella che sta per arrivare possa essere un’estate di passione. Gli ospedali che si svuotano, la vita che ritorna, ma la monnezza che, implacabile, invade le strade.
Ieri la sentenza breve del Tar Lazio sul ricorso presentato da Roma Capitale ha segnato un piccolo, ma significativo spartiacque nell’eterna disputa tra Comune e Regione sulla discarica.
Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso capitolino: la Regione non può imporre con un’ordinanza al comune di indicare un sito per la nuova discarica. Un problema più formale che sostanziale. In pratica, hanno spiegato i giudici amministrativi, l’ordinanza non è lo strumento giusto per farlo. In particolare, “non può essere utilizzata per disporre un’attività di tipo pianificatorio” che il Tar definisce “pur doverosa e allo stato mancante”.
E così adesso, la minaccia della Regione, per nulla velata è, seguendo quanto indicato dalla sentenza del Tar, d’applicare i poteri sostitutivi, ovvero commissariare il comune sulla questione rifiuti. Già ieri il governatore Nicola Zingaretti aveva avvisato: “La situazione rischia di diventare drammatica, informerò il governo”. Questa mattina con un’intervista a Repubblica l’assessore ai Rifiuti della Regione Massimiliano Valeriani ha annunciato: “Daremo 30, al massimo 60 giorni. Se poi il Campidoglio non presenterà alcun piano impiantistico, scatteranno i poteri sostitutivi”. Le dichiarazione già in mattinata si sono strasformate in atti: due delibere di giunta (una per Roma e una per Latina) per chiedere di indicare in fretta le aree, altrimenti
scatterà il commissariamento. Le tempistiche non sono casuali a fine giugno scadranno i contratti per gli sbocchi alternativi che la Regione ha attivato per evitare che a Roma scoppiasse l’emergenza dopo la chiusura a marzo della discarica di Roccasecca (la più grande rimasta in Regione). Già prima della chiusura i rifiuti romani erano inviati in 55 posti diversi d’Italia per finire in Tmb, discariche e inceneritori di altre regioni.
Senza nuove soluzioni il rischio che Roma si ritrovi sommersa dai rifiuti è terribilmente concreto.
La Regione chiede da anni al Campidoglio d’indicare un sito all’interno dei confini comunali per la nuova discarica. Lo fa per due ragioni. Da un lato il rispetto del principio della prossimità: i rifiuti vanno smaltiti lì dove vengono prodotti. Dall’altro i numeri: nella Capitale viene generato oltre il 65 per cento dei rifiuti regionali (se si considera la Città metropolitana la percentuale sfiora l’80). Oggi, dopo la chiusura della discarica di Roccasecca (Frosinone) e ancora prima di quella di Colleferro, il Lazio si trova praticamente senza sbocchi per gli scarti (ci sono le discariche di Viterbo e Civitavecchia, ma hanno volumetrie troppo ridotte). Il Comune sarebbe disposto a realizzare la discarica fuori dai confini comunali (ma all’interno di quelli della Città metropolitana), a Magliano Sabina. La Regione pretende che invece il sito indicato si trovi all’interno del comune. A Repubblica Valeriani l’ha detto senza girarci intorno: “Roma negli ultimi due anni ha saturato tutte le discariche del Lazio con 700 mila tonnellate di rifiuti, tre volte il peso del Colosseo”.
A palazzo Senatorio però la vedono diversamente. La tesi grillina è che Roma abbia già dato e che il problema – e questo è un fatto incontestabile – è stato che nel 2013 è stata chiusa la grande discarica di Malagrotta senza che fossero state precedentemente adottate delle soluzioni alternative. Lo diceva esplicitamente ieri su Facebook la sindaca Virginia Raggi: “Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta nel 2013 non sono mai state costruite valide alternative, neppure nell’ultimo, insufficiente, piano rifiuti regionale”. La sindaca ha poi ricordato che un’area all’interno dei confini comunali, quella di Monte Carnevale, il comune l’ha indicata, ma s’è bloccato tutto a causa di un procedimento penale che ha toccato la massima dirigente regionale Flaminia Tosini. Per i romani saranno giorni difficili.