Indipendentemente dall’appartenenza, il tema della rigenerazione urbana mette abbastanza d’accordo amministratori e imprenditori. Lo confermano le opinioni espresse a Palazzo Merulana, nel forum convocato dall’Associazione Costruttori di Roma, in cui è emersa ancora una volta l’urgenza di pianificare il destino delle periferie. Il tempo corre via veloce e sono già dieci anni che è stato varato il piano regolatore.
Nessun progetto importante lo ha ancora saputo mettere a frutto. Stessa realtà per la legge regionale 7/2017 che, introducendo norme di semplificazione e di snellimento nei tempi di attuazione degli interventi, non è stata ancora pienamente cavalcata. Anzi, il portato della legge così faticosamente approvata dal Consiglio della Regione Lazio viene più volte messo in discussione. I costruttori lo hanno ricordato: proprio a ridosso della legge sulla rigenerazione si è scatenata una vera protesta contro la sostituzione edilizia cioè quella su edifici per i quali non sussiste alcun vincolo da parte della Sovrintendenza e per i quali sono stati acquisiti tutti i titoli abilitativi. Solo per il fatto di essere fabbricati edificati da qualche decina di anni e si trovano in quartieri “pregiati” della città, diventano la leva per mettere in discussione non solo gli stessi interventi di rigenerazione, ma l’intero impianto della legge.
Invece i Comuni sono chiamati a promuovere interventi, coinvolgendo anche gli imprenditori che stavolta hanno un vero potere di proposta. “Le imprese private sono pronte da tempo a cogliere queste possibilità offerte dallo snellimento delle procedure urbanistiche – ha dichiarato Nicolò Rebecchini, Presidente Acer – ma non sono ancora partiti veri e propri interventi per migliorare le periferie romane più disagiate per farne motori di sviluppo e crescita occupazionale”.
La vivacità del tessuto imprenditoriale viene rilevata anche da Massimiliano Valeriani, l’Assessore alle Politiche abitative ed Urbanistica della Regione: “Basta perdere tempo a mettere in discussione la legge 7/2017, occorre partire con i progetti! Sono arrivate tante proposte significative per adattare a nuovi usi le strutture esistenti, che è in effetti la sfida più importante e delicata lanciata da questa legge. Per continuare il discorso già intrapreso con la Giunta precedente, ho attivato l’ufficio dedicato agli operatori più intraprendenti sul discorso rigenerazione”.
Anche il grillino Luca Montuori, Assessore all’Urbanistica della Capitale, è d’accordo: “La 7/2017 ha rimesso sul piatto l’importanza della pianificazione, contrastando gli interventi spot che poco danno in fin dei conti alla città.
Mi riferisco alla mancanza di visione strategica di quei progetti che creano in zone già vivaci del centro storico spazi commerciali e residenze, mentre le zone periferiche rimangono serbatoi poco sfruttati di immobili da abbattere e ricostruire. Le forze economiche si stanno indirizzando verso tessuti già consolidati senza cogliere le opportunità insite nelle periferie” – ha dichiarato. Poi la proposta: “A Roma mancano le forme di incentivazioni alla riqualificazione, che città come Milano hanno già. Occorre dare una reale motivazione ai privati per puntare sulle periferie” – ha concluso Montuori. Anche il Soprintendente Francesco Prosperetti ritiene che “Se la rigenerazione urbana si pone come obiettivo il miglioramento della qualità della vita delle persone è chiaro che non ha senso partire da quartieri come Monteverde e Coppedè”.
All’Acer le periferie, invece, piacciono e tanto. Sono stati presentati due progetti “sfidanti”: la rigenerazione di Bastogi, il quartiere ripreso nel film “Un gatto in tangenziale” e quella di Tor Sapienza. Nel primo caso, presentato con dovizia di particolari, si propone di sostituire i palazzi-alveare tra Boccea e Torrevecchia con 500 case in housing sociale, spazi verdi e di aggregazione, maggiori servizi, che porterebbero secondo le ipotesi dell’associazione 70 milioni di euro e mille occupati. Su Tor Sapienza, snodo tra le vie Collatina e Prenestina, si potrebbero rendere efficienti i palazzi residenziali e sostituire quelli non utilizzati con nuove case, con un piano di 15 milioni di euro e 200 occupati.