Roma che si prepara al Giubileo, che ha dato un’accelerata al progetto del Grab, il Grande raccordo anulare delle bici, soltanto a novembre scorso, quando è stato annunciato che entro il 30 giugno del 2024 sarà completato il 20 per cento dell’opera, ancora non ha chiuso i conti con quelle già attive ma che vanno revisionate. In particolare sono quattro le ciclabili pericolose in città e per le quali l’amministrazione comunale ha promesso un aggiustamento: via Prenestina, via Tuscolana, via Gregorio VII e via della Pineta Sacchetti. Tutte e quattro sull’asfalto sono un percorso discontinuo e talvolta consunto. Tuttavia la questione è all’attenzione dell’amministrazione comunale: “Stiamo ragionando sul reperimento dei fondi necessari per la riqualificazione delle quattro piste ciclabili: la revisione potrebbe essere parte di lavori più ampi su cui già si sta ragionando. Nel caso di via della Pineta Sacchetti però non si tratta di un intervento temporaneo e quindi per i prossimi 5 anni non si può toccare, a meno che non sopraggiungano ragioni certificate di sicurezza pubblica”, spiega l’assessore alla Mobilità di Roma, Eugenio Patanè.
Intanto i tracciati sono sporchi, pieni di insidie, pericolosi e per molti è meglio “pedalare” nel traffico. A volte non è una scelta, dato che all’improvviso la pista scompare e il “tuffo” nelle file di auto è inevitabile. Altre volte percorrerla diventa un braccio di ferro tra ciclisti e motociclisti che la invadono per aggirare il traffico. E così quasi non ci si sorprende se ci scappa il morto, come è avvenuto martedì sera in via Prenestina all’altezza del civico 33, a poche centinaia di metri da piazza di Porta Maggiore. La vittima aveva 42 anni e viaggiava su uno scooter quando si è scontrato, secondo i testimoni, con almeno due fattorini che, in bicicletta, stavano attraversando sulle strisce pedonali. “Ho sentito una botta forte e ho visto lo scooter a 30 metri sulle rotaie del tram, con due rider e le loro biciclette per terra”, racconta un residente indicando la Yaris bianca contro cui i due fattorini sono stati sbalzati e anche il punto, distante decine di metri, dove si è schiantato il corpo del 42enne insieme al suo mezzo. “La strada è molto pericolosa”, spiega una barista da dietro al bancone del locale che affaccia proprio davanti a dove è avvenuto l’incidente. “Ci sono i lampioni ma una parte non funziona e quindi la sera siamo spesso al buio. Poi i rider spesso passano per strada soprattutto la sera”, aggiunge.
I motivi per cui i ciclisti preferiscono la strada anziché la pista ai margini della carreggiata, è facilmente intuibile. Cumuli di immondizia non rimossi da tempo e improvvise strettoie rendono difficile percorrere la ciclabile che da Porta Maggiore punta a viale Palmiro Togliatti e a viale della Serenissima. Un percorso a ostacoli, difficile di giorno, figurarsi di notte. E lo conferma chi il disagio lo vive pedalando: “È una pista disegnata sull’asfalto”, osserva Luca, mentre la percorre in sella alla sua bicicletta. “Manca il cordolo, quindi, le macchine possono invaderla senza alcun problema – aggiunge -. Inoltre è piena di insidie come se fosse minata. È delimitata dalla corsia del traffico veicolare proprio dalle auto parcheggiate, e l’apertura di una portiera sul lato destro è un pericolo costante. A questo si aggiungono le continue strettoie dovute ai pali della luce oppure alle cassette in metallo delle utenze. In piazza di Porta Maggiore – continua il ciclista – ci sono addirittura dei tubi che sembrano essere delle spade che aspettano di infilzare qualche ciclista o motociclista”.
Per i rifiuti, poi, va fatto un discorso a parte. “Lo spazio stretto non permette alle spazzatrici di passarci, quindi, l’accumulo dei rifiuti cresce di giorno in giorno – sostiene il ciclista -. I vetri e gli oggetti taglienti causano continue forature tanto che è forte la tentazione di pedalare per strada”. Percorrendola verso piazza di Porta Maggiore, sotto al ponte della ferrovia, la pista è ampia circa 30 centimetri. Poi il tracciato diventa poco intuitivo: all’incrocio con viale dello Scalo di San Lorenzo scompare e il tuffo nel traffico è obbligatorio, a meno che non si segua la striscia gialla che però è cancellata da sotto al ponte della ferrovia nella direzione opposta a via Giolitti. Inutile dire che tutti i ciclisti preferiscono tuffarsi nel traffico. Mirko è bresciano ma da 14 anni vive a Roma. “Non mi piace lamentarmi, solo che quando le piste ciclabili ci sono cambiano la vita ad un ciclista e spesso gliela salvano – dice -. Trovo molto più attenti gli automobilisti di quanto non lo siano invece i motociclisti o gli scooteristi ma alcune volte non si capisce che fine fanno le piste perché finiscono all’improvviso”. Per Giuseppe, invece, andare in bici è una roulette russa: “Ogni volta che sento queste notizie, penso che potrebbe toccare a me. Spesso mi capita di vedere scooteristi che invadono la pista per aggirare il traffico. È una lotta tra poveri per andare avanti”, racconta. E nel via vai feriale c’è anche chi in bici va a lavorare: “Quando in bicicletta trovi chiusa la pista e hai difficoltà a passare che fai? Alcuni danno una botta alla macchina o gli rigano la carrozzeria. I più cattivi rompono il finestrino, non è corretto ma succede anche questo”, racconta un idraulico che al furgone ha preferito la bicicletta per raggiungere i clienti nel quadrante.