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Roma: si è fermato il ballo del mattone

I tempi biblici nel rilascio delle autorizzazioni e nella realizzazione dei progetti hanno relegato la Capitale al quintultimo posto nella classifica continentale della fiducia nell’attività immobiliare

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Articolo uscito sulla newsletter “Osservatorio sulla Capitale”

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A Parigi si dice che quando il mercato immobiliare tira, allora tutta l’economia va al traino. Non a caso a Milano, nel bel mezzo della crisi della finanza, è nato un nuovo quartiere degli affari attorno a Porta Garibaldi. A Roma, però, il discorso è più complesso: la Capitale avrebbe dovuto assistere al fiorire di diversi spazi uffici per decongestionare il traffico della capitale e razionalizzare gli spostamenti all’interno della città. E, invece, il nuovo quartiere affari di Tiburtina non è ancora decollato nonostante i 300 milioni spesi per la nuova stazione.

L’Eur, che pure ha accolto alcuni rami della pubblica amministrazione, resta una grande incompiuta urbanistica simboleggiata dalle due torri che si affacciano sul laghetto ribattezzate “Beirut”. E anche la riqualificazione di spazi urbani come gli edifici della vecchia Fiera, lungo la Colombo, restano un miraggio da dieci anni. Per non parlare delle incertezze che oggi ruotano attorno al nuovo stadio della Roma, dove pure era inizialmente previsto un business park da 124 mila metri quadrati di nuova superficie affari per le tre torri.

La Capitale sembra destinata ad un caos generato anche dai tempi biblici delle amministrazioni di diversi colori politici nei rilasci di autorizzazioni e nella realizzazione dei progetti. Se ne è accorta anche la società di consulenza Pricewaterhouse Coopers (PwC) che, nello studio Emerging Trends in real estate 2017, assegna a Roma il quintultimo posto (25 su 30) nella classifica delle città dell’Europa continentale in cui è consigliabile scommettere sul mattone.

 

Incertezza politica e crisi del sistema bancario i primi responsabili

Milano stacca di gran lunga la capitale, ma, prima città italiana, resta al 15esimo posto. Il motivo? Per gli esperti di PwC, il problema è l’incertezza politica e la crisi del sistema bancario italiano, che ha a lungo finanziato il mattone e che oggi difficilmente potrà investire ancora capitali freschi nel real estate. Quella stessa difficoltà nel credito che sta azzoppando anche le imprese di mezzo mondo alle prese con riduzioni di costi, inclusi quelli immobiliari. Poco importa che si tratti di affitto o di acquisto. La parola d’ordine per il mondo delle aziende è tagliare i costi.

Ecco che si spiega come, secondo il Rapporto 2016 sul mercato a destinazione terziaria, commerciale e produttiva dell’Agenzia delle entrate in collaborazione con l’Associazione nazionale delle società di leasing (Assiliea), le compravendite di capannoni e uffici nella Capitale risultano in calo, rispettivamente del 3,5% e dell’1,7%, mentre quelle di negozi, alimentate nei centri storici da investimenti stranieri, aumentano del 2,7 per cento. Con i prezzi alla vendita con una quotazione al metro quadrato attorno ai 3.700 euro su compravendite in flessione di poco meno del 5% rispetto ad un anno prima.

E’ in questo contesto che l’amministrazione Raggi dovrebbe immaginare una razionalizzazione degli spazi per uffici tenendo conto anche della scarsità nei mezzi di trasporti (due sole linee di metropolitana) e dei flussi di traffico che tolgono ormai il sonno ai romani in un periodo in cui si susseguono scioperi e manifestazioni. L’operazione non è facile, ma sul tavolo ci sono dossier caldi che vanno affrontati: dallo stadio alla vecchia fiera, per arrivare fino al destino di Tiburtina e Ostiense.

 

Parigi insegna che riorganizzare la vita urbana è possibile

Ma è necessaria una forte volontà istituzionale che non può dipendere dal cambio di colore politico delle amministrazioni comunali. Il successo della Défense, quartiere d’affari ad ovest della Ville Lumiere, è sotto gli occhi di tutti. Ha richiesto decenni di lavoro (il progetto partì negli anni ‘60), ma alla fine è riuscito a dare casa ad oltre 2500 imprese. Il risultato è che ogni giorno 180 mila persone vanno al lavoro nella settantina di torri che si vedono alle spalle dell’arco di Trionfo. Merito, naturalmente, anche di un sistema capillare di metropolitane, che permette di raggiungere il quartiere rapidamente da ogni angolo di Parigi.

Lo stesso meccanismo ha permesso di sviluppare, poi, anche il più nuovo hub di Issy les Moulineaux (cittadina vicina a Parigi) dove c’è un vero e proprio hub del digitale in cui hanno preso dimora grandi corporation come Microsoft, Cisco, Bull, Orange. In tempi relativamente più recenti poi, la Ville Lumiere si è lanciata nel progetto di spostamento dei ministeri dal cuore della città con l’obiettivo anche di decongestione le strade del centro affollate di turisti. Da qui è nato lo sviluppo del 47esimo centro amministrativo di Parigi: Bercy, ex quartiere popolare, che nel 1980 ha visto la realizzazione del palazzetto sportivo Palais Omnisport, noto anche come tappa di concerti internazionali.

Quattro anni dopo, a trasferirsi in loco anche il ministero dell’economia, della finanza e dell’industria i cui dipendenti sono diventati spesso abitanti del quartiere, grazie anche ad un’ampia area commerciale, Bercy Village, meta di tanti parigini nel weekend. I 1700 dipendenti del ministero della Giustizia hanno invece trovato casa a Porte d’Aubervilliers, in un imponente edificio in vetro da 32mila metri quadrati, con un investimento da 223 milioni, meno della metà di quanto è costata la sola Nuvola di Fuksas (500 milioni). Non solo: l’imponente progetto francese ha permesso di riunire tutti i dipendenti che prima erano dislocati in uffici di ben quattro diversi arrondissement.

Il ministero della Difesa, con i suoi 9300 militari,  si è invece spostato a le «Balardgone» – situato a Balard (XVe) a sud di Parigi, riunendo ben 17 sedi diverse. Grazie a queste operazioni di razionalizzazione degli spazi, Parigi può ora contenere le spese in affitti e manutenzione immobili, oltre che beneficiare di una migliore viabilità.

 

Milano in fermento nel mattone destinato ad uffici

Sebbene la città italiana degli affari non sia paragonabile per dimensioni a Parigi o a Roma, i suoi esperimenti nel mattone possono essere un riferimento nello scenario italiano. L’Expo ha lasciato in eredità la necessità di riempire i nuovi spazi creati ad hoc per l’esposizione. “Un team di cento esperti è pronto a fare rete e supportare tutte le iniziative in corso sui vari tavoli istituzionali per trasferire a Milano la City londinese, in particolare l’Agenzia europea del farmaco”, ha spiegato a inizio febbraio il presidente della commissione Finanze della Camera, Maurizio Bernardo cogliendo il lato positivo di Brexit.

L’obiettivo è ambizioso e la posta in gioco molto alta, come sanno anche gli investitori internazionali. “La città di Milano è una delle poche che offre prospettive di crescita dovute al recente Expo che ha determinato nuovi investimenti e sviluppi combinati ai piani delle nuove linee di metropolitana”, spiega PwC nel suo rapporto sui trend del 2017, ricordando come, all’ombra della Madonnina, alcuni grandi gruppi internazionali hanno trovato casa. E’ il caso di Amazon e Microsoft, ma anche del mondo della finanza europea che ha modificato lo skyline di Porta Nuova-Garibaldi con le architetture futuriste di CityLife. Un progetto non privo di luci ed ombre soprattutto sotto il profilo dell’impatto ambientale, ma che ha definito la nuova urbanistica della città.

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