Il giorno di Ferragosto forse non potremo contare sul refrigerio di angurie, cocomeri, meloni. Il rischio, secondo l’indagine Italmercati-Unioncamere, è concreto. Neppure Sua Maestà il Cocomero – incontestato sovrano delle refrigeranti soste stradali di sudate comitive di vitaioli e movidari nelle notti estive romane – è riuscito a evitare un umiliante deprezzamento dei listini all’ingrosso ben più forte sul piano economico e incisivo a livello di consumi e costumi di un banale, temporaneo, irrilevante ribasso di prezzi.
Il fenomeno allarma tutte le categorie dell’ortofrutta (produttori e grossisti, trasportatori e dettaglianti) e non è solo romano. A fronte del crollo delle stime all’ingrosso dell’anguria a livello nazionale (l’indice Italmercati-Unioncamere segnala il dimezzamento dei prezzi medi tra l’agosto 2016 e quello in corso nei sette agromercati italiani monitorati da Borsa Merci Telematica), il Car, Centro Agroalimentare Roma, è una delle piazze dove il prodotto si è svalutato meno. Le cifre parlano chiaro. Nei due primi giorni di agosto, quest’anno il prezzo medio dell’anguria è sceso rispetto all’anno prima del 42,3%, passando dalla media nazionale all’ingrosso 2016 di Euro/Kg 0,33 ad Euro/Kg 0,19, alla quale nel Car corrisponde un centesimo di più. Cioè il prezzo prevalente di Euro/Kg 0,20. Solo a Bologna e Firenze (Euro/Kg 0,25) l’anguria o cocomero è stata quotata di più, mentre a Verona (0,12) e Milano (0,15) meno, con Torino e Napoli allineate al dato nazionale.
“Le produzioni estive – spiega il direttore generale del Car, Fabio Massimo Pallottini, che è anche presidente di Italmercati (la rete di imprese che associa i dieci principali agromercati italiani) – sono state penalizzate da un anticipo anche di tre settimane del periodo di raccolta a causa delle alte temperature e delle poche piogge. Le piante hanno subito stress che hanno diminuito i contenuti zuccherini (influiscono sul sapore) e i fattori aromatici che profumano i prodotti”.
E’ uno dei grossisti del Car a spiegare inquieto: “Si è avuto un forte ribasso non bilanciato da adeguati aumenti dei consumi”. E la logica che allarma la filiera della frutta estiva – angurie, meloni, albicocche, nettarine, pesche – non ha ancora avuto gli esiti più temuti. Se non si attenueranno presto afa e siccità, produzione, commerci e consumi di ortofrutta potrebbero crollare. “Se non miglioreranno le condizioni del clima, il settore – dice il cauto report “Unioncamere-Italmercati” – potrebbe subire ben presto conseguenze dannose come un vuoto di produzione soprattutto di meloni e angurie”.
Anticipata di quasi tre settimane per il caldo, la stagione della raccolta di cocomeri e meloni potrebbe esaurirsi quindi in anticipo. Forse già per Ferragosto. E certo non si può dire che, finora, le transazioni all’ingrosso per i meloni retati siano positive per gli operatori negli agromercati italiani. In dodici mesi, riferendosi sempre ai primi giorni di agosto, le stime di questo prodotto hanno seguito in parallelo quelle delle angurie. Da Euro/Kg 0,87 la media nazionale è scesa a Euro/Kg 0,50 con una svalutazione pari al 42,2%, che nel Car a Roma ha toccato però la quota più bassa a Euro/Kg di 0,33. Un po’ meglio Firenze (0,70), Torino, Napoli, Bologna (0,55) e Milano come Roma (0,35). Il fatto che nel Car a Roma i rivenditori più decisi a tutelare qualità e sapore abbiano trovato angurie e meloni retati a livelli extra prezzati fino a Euro/Kg 0,50, ovviamente non smentisce né scredita l’attenta opera di rilevazione, comparazione, ponderazione statistica dei tecnici di Borsa Merci per Unioncamere e Italmercati, che hanno infatti trattato medie, dati bilanciati e serie approssimate, non certo casi limite, singolarità, eccezioni.
Il problema della siccità e dell’afa non riguarda solo le angurie e i meloni (le cucurbitacee), ma pure le drupacee che da sempre allietano gli italiani con sapori ed aromi molto apprezzati: pesche, albicocche, nettarine. In Emilia i produttori piangono lo scempio di prezzi crollati e nessuno li smentisce negli ortomercati. Statisticamente, però, più che deprezzamenti questi prodotti hanno subito ribassi: forti (-24,4%) quelli subiti a livello nazionale dall’albicocca, scesa (dal 2016) in media da Euro/Kg 1,77 ad 1,34.
Nel Car la cifra corrispondente è più alta (1,53), superata a Firenze (1,60), con Bologna (1,43), Milano (1,37), Torino (1,30), Verona (1,25), Napoli (0,90) a prezzi minori. L’infinita varietà di prezzi e qualità presente negli spazi del Car offre però varie combinazioni e specialità italiane e estere fino ad Euro/Kg 1,60: le prelibate “Faralia” ferraresi o le francesi “Bergeron” ad 1,80. Minori i ribassi delle nettarine (da Euro/Kg 0,96 a 0,91 pari a -5,4% a livello nazionale), stimate a Roma Euro/kg 0,90 a livelli alti e superate al rialzo a Napoli (1,10), Firenze (1,05), Milano (1,00), Torino (0,95), con Bologna (0,75) e Verona (0,61) a seguire. Ha confermato il suo apprezzato equilibrio dei prezzi il Car con i valori attribuiti da Borsa Merci alle pesche: il dato nazionale (da Euro/Kg 0,86 a 0,85 pari al -1,4%) sulla via Tiburtina è superato di poco (Euro/Kg 0,90), mentre è solo sfiorato a Torino (0,78), Bologna (0,70) e Verona (0,50), con Napoli (1,20), Firenze (0,95), Milano (0,93) che viceversa lo sfondano.
“Nel settore ortofrutticolo, il “global warming” (riscaldamento globale) ed il “climate changing” (mutamenti climatici) sono fenomeni oramai evidenti – afferma Pallottini, che ha commissionato il rapporto Italmercati-Borsa Merci – sui quali bisognerà intervenire al più presto. E vanno innanzitutto studiati come abbiamo iniziato a fare grazie ad una partnership autorevole e prestigiosa, che non si limiterà a rilevare i prezzi, ma che intendiamo sviluppare anche in altri ambiti di studio e di indagine”.