Sociale: Nonna Roma, 69 per cento famiglie in povertà ha ridotto spese per il cibo

I rincari di energia e di prodotti hanno pesantemente inciso sulla qualità e quantità dell'alimentazione.

Il 69 per cento delle famiglie romane a basso reddito ha ridotto altre spese per far fronte alle necessità alimentari in seguito ai rincari. Il 90 per cento ha impoverito, in termini di quantità e qualità, la propria alimentazione. Una famiglia su due ha rinunciato ai cibi più costosi: pesce, carne, latte, verdure e frutta. È quanto emerge dal rapporto “Il pane e la luce” redatto dall’associazione Nonna Roma e che ha intervistato un campione di quasi 150 famiglie in difficoltà economica con una media di 2,96 componenti per nucleo. Dall’indagine emerge che i rincari di energia e di prodotti hanno pesantemente inciso sulla qualità e quantità dell’alimentazione. I nuclei che hanno un’entrata mensile, incluso il reddito di cittadinanza, sono l’85 per cento: in pratica, quindi, il 15 per cento delle famiglie non ha ha alcuna fonte di reddito da lavoro, pensione o sussidio.

Soltanto il 70 per cento dei nuclei familiari ha almeno un componente occupato o pensionato. E di questo 70 per cento che può contare su un’entrata mensile assicurata: il 44 per cento ha un membro della famiglia occupato in un’attività lavorativa, il 30 per cento ha almeno un pensionato in famiglia e il 34 per cento percepisce il reddito di cittadinanza. In questo contesto, tra il 2021 e il 2022, gli importi delle bollette del gas sono aumentati del 63 per cento e quelli della luce del 76 per cento: in diversi casi i rincari sono arrivati anche al 100 per cento. Per evitare la sospensione delle forniture energetiche per morosità, soprattutto nel periodo invernale, il 75 per cento degli intervistati ha continuato a pagare ma molti, il 39 per cento delle famiglie, hanno compensato riducendo altre spese.

Per sostenere i costi delle bollette il 15 per cento degli intervistati ha fatto ricorso a rateizzazioni per il pagamento di gas e luce. L’11 per cento ha chiesto un prestito, per lo più in modo informale: e in questo dato – nel quale soltanto l’uno per cento dei prestiti è riconducibile a istituti finanziari – si annida il rischio di usura. Il 12 per cento delle famiglie interpellate ha riferito che i sussidi pubblici sono stati lo strumento principale per non interrompere il pagamento delle bollette. Così, per far fronte ai costi dell’energia, il 69 per cento delle famiglie ha rinunciato a qualcosa per far fronte alle necessità alimentari. Il 51 per cento ha rinunciato all’acquisto di abbigliamento, il 16 per cento a spese mediche. Ma il dato allarmante riguarda quasi il 90 per cento delle famiglie che ha dichiarato di aver impoverito, in termini di qualità o di quantità, i consumi alimentari: il 69 per cento ha ridotto la quantità, il 74 per cento ha diminuito la varietà, il 72 per cento ha abbassato la qualità dei prodotti acquistati. Per il 16 per cento delle famiglie i tre fattori sono intervenuti contemporaneamente.

Accanto a questo va rilevato che il 24 per cento delle famiglie ha subito un’erosione del reddito, rispetto all’anno precedente: nel 59 per cento dei casi la diminuzione è dovuta alla perdita del lavoro di uno o più componenti ma incide al 26 per cento anche la sospensione, o perdita, dei sussidi pubblici. E per quanto riguarda il pagamento delle bollette, se il 75 per cento degli intervistati non ha interrotto i pagamenti nonostante le enormi difficoltà economiche, il restante 25 per cento è suddiviso tra chi spera di poterlo fare entro 3 mesi (47 per cento), chi pensa di poter sanare il debito in un periodo che va dai 3 ai 12 mesi (20 per cento) e chi crede di non poter onorare il pagamento arretrato neanche entro l’anno (33 per cento).

A fronte di questi dati l’associazione Nonna Roma chiede che “il governo disegni politiche strutturali di contrasto e di prevenzione alla povertà energetica basate su un approccio sistemico e non emergenziale che tengano in considerazione la volatilità dei prezzi di mercato e la variabilità dei fattori congiunturali, rivolte non solo ai poveri energetici ma anche alle persone prossime al rischio di povertà”. Accanto a un elenco di sette punti di intervento rivolto al governo, l’associazione avanza proposte anche agli enti locali: Regione Lazio e Roma Capitale. Tra le altre cose si chiede all’ente regionale di rendere strutturale la misura di sostegno varata a favore degli alloggi Ater per compensare l’aumento dei costi di riscaldamento, di prorogare le misure di contrasto alla povertà energetica adottate tra cui il bonus una tantum e di incentivare la creazione di comunità energetiche. Al Comune di Roma si chiede di erogare un contributo una tantum a coloro che si trovano in condizione di povertà energetica, di istituire degli sportelli territoriali di informazione e supporto, di considerare l’oppurtunità di contrastare la povertà energetica utilizzando la quota utili di Acea.

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