L’Antitrust torna a spingere in favore di Uber, la piattaforma online con cui improvvisarsi autisti a pagamento e che più volte i tassisti romani hanno provato a bloccare. L’occasione è stata l’annuale relazione (qui il testo) sull’attività svolta nel 2016. Il presidente Giovanni Pitruzzella ha parlato apertamente di “reazioni protezionistiche” che continuano a ingabbiare innovazione e ovviamente concorrenza.
Tra queste “quelle della categoria dei tassisti di fronte alla spinta competitiva proveniente da piattaforme come Uber, con un tentativo di introdurre freni regolatori all’espansione della sharing economy”, ha sottolineato Pitruzzella. “I recenti episodi che hanno coinvolto operatori come Uber, Airbnb e altri, mostrano chiaramente la necessità di creare al più presto un quadro regolatorio leggero, nell’ambito del quale si possano esercitare diritti e doveri di tutte le parti in causa”.
Di qui l’appunto al governo affinchè si adoperi al più presto per una legislazione in grado di porre fine a questa distorsione del mercato. “Queste modifiche avrebbero il pregio di garantire una piena
equiparazione, dal lato dell’offerta, tra gli operatori dotati di licenza taxi e quelli dotati di autorizzazione NCC e di facilitare lo sviluppo presso il pubblico di forme di servizio più innovative e benefiche per i consumatori (tipo Uber black e Mytaxi)”, si legge nella relazione.
Ma non sono mancati i paletti a un intervento su Uber. “Tale regolamentazione – tenuto conto dell’esigenza di contemperare la tutela della concorrenza con altri interessi meritevoli di tutela, quali la
sicurezza stradale e l’incolumità dei passeggeri – dovrebbe essere tuttavia la meno invasiva possibile, limitandosi a prevedere una registrazione delle piattaforme in un registro pubblico e l’individuazione di una serie di requisiti e obblighi per gli autisti e per le piattaforme, anche di natura fiscale”.