Compie 80 anni il Gazometro, il cilindro d’acciaio più famoso di Roma, simbolo del quartiere Ostiense, una sorta di terzo “colosseo”,
dopo l’Anfiteatro Flavio e il Palazzo della Civiltà del lavoro, detto ‘colosseo quadrato’, all’Eur. E li dimostra tutti, purtroppo.
L’iconico impianto del gas degli anni trenta è oggi una testimonianza di archeologia industriale che però il tempo rischia di fare cadere a pezzi. Protagonista del film del regista Ferzan Ozpetek lo aveva reso protagonista del suo film “le fate ignoranti” ed il suo amore per questa installazione lo vede impegnato in prima fila per sollecitare un progetto di riqualificazione. E’ in corso una petizione, infatti, che sarà rivolta direttamente al Mibact. Al Ministero si chiede di apporre “subito un vincolo, con obblighi manutentivi e di messa in sicurezza”. Il timore è dovuto proprio al fatto che il gazometro, non essendo zincato, è più esposto all’erosione e quindi “muoia come nuna delle tramogge presenti nell’area e che è già stata abbattuta perchè pericolante”.
Un compleanno, dunque, che non è ancora una vera e propria vittoria visto che manca ancora il riconoscimento ufficiale a monumento, “e proprio laddove sorse il grande impianto del gas, emerge oggi una desolata landa di degrado – spiega Piergiorgio Benvenuti, Presidente Nazionale del Movimento Ecologista Ecoitaliasolidale – con il Tevere lasciato all’incuria più totale, l’ex stabilimento Mira Lanza abbandonato e la presenza di sacche d’illegalità, tra rifugi di fortuna e accampamenti abusivi, che comportano microcriminalità mettendo a rischio sia i residenti che i commercianti, come confermato dalle denunce di Ecoitaliasolidale insieme a Federstrade e Confesercenti. Tanti auguri al Gazometro di Roma, festeggiato da attori e registi, ma quando si occuperà invece il sindaco Raggi di mettere in sicurezza e restituire decoro all’area Ostiense-Marconi?”.
La storia
Il Gazometro fu inaugurato il 13 luglio del 1937: un gigante d’acciaio, alto 92 metri dal peso di 3000 tonnellate, che svetta sul quartiere Ostiense dominandolo. Tremila tonnellate che la ditta Klonne Dortmund e Ansaldo di Genova usarono per realizzarlo.
Il nome, spiega il Comitato Luci sul Gazometro, “lo deve all’ingegnere scozzese Murdoch che nell’Ottocento inventò questi magazzini di gas illuminante”. E’ stato adoperato per accumulare il “gas di città”, sfruttato per usi domestici e per l’illuminazione pubblica e si trova in un punto dove il Tevere forma un’ansa che una volta era un approdo per le merci.
Accanto al Gazometro c’è il famoso “Ponte di ferro” che diventò una specie di “start up” per i primi edifici industriali del quartiere Ostiense con il Mattatoio, i Molini Biondi, la Mira Lanza. E poi, ai primi del ‘900 arrivarono i Magazzini Generali, il Porto Fluviale, l’officina del Gas con il Gazometro appunto, la Centrale Termoelettrica Montemartini, i Mercati Generali, il Consorzio Agrario. Tutta l’area divenne una sorta di polo industriale. Poi, inesorabile, arrivò il declino con la delocalizzazione delle strutture. Restarono il grande Gazometro con i più piccoli costruiti intorno al 1910 e che sono ancora tutti in piedi, nell’area Italgas.
Ma oggi, grazie anche a poeti, pittori e registi che ne hanno fatto spesso un soggetto nelle loro opere, il Gazometro è diventato uno dei simboli del paesaggio urbano dell’area ostiense-marconi. Nel 2006, durante la Notte Bianca, divenne un’opera luminosa grazie a 10 chilometri di fibra. Ormai per i romani è diventato una sorta di terzo colosseo. E oggi più che mai, si chiede con forza che venga riconosciuto a tutti gli effetti, monumento dell’archeologia industriale della città preservandolo così, da un destino di decadenza e oblio.