Elezioni/liste: Centrodestra, per Meloni problemi di abbondanza 

Sulla base dei sondaggi Fratelli d’Italia vedrà crescere di tre-quattro volte l’attuale rappresentanza parlamentare con candidati ‘’eccellenti’’ per respingere la critica di non avere una classe dirigente adeguata

Alle 20 di lunedì 22 agosto è scaduto il termine per la presentazione delle candidature (uninominale e proporzionale) per le prossime elezioni politiche del 25 settembre. Come per i precedenti appuntamenti elettorali, fino all’ultimo ci sono state limature e correzioni, con ingressi non preventivati ed esclusioni anche eccellenti che hanno provocato non pochi malumori in quelli messi da parte e sacrificati e tra coloro che, pure figurando tra i candidati, sanno benissimo che solo un miracolo può assicurare loro uno scranno parlamentare.

Quindi, lacrime e sangue in quasi tutti i partiti, penalizzati sia per la riduzione del numero dei senatori (da 315 a 200) e deputati (da 630 a 400), sia per i sondaggi che, rispetto al voto del marzo del 2018, segnalano una diversa geografia politica ridisegnando la mappa di Camera e Senato.

In questo contesto, mentre in tutti gli schieramenti si evidenziano malumori, nel centrodestra Giorgia Meloni è stata alle prese con… problemi di abbondanza. Il fatto è che, in base a tutte le rilevazioni finora effettuate sugli orientamenti politici degli italiani in vista del voto di fine settembre, Fratelli d’Italia vedrà crescere di molto la sua attuale rappresentanza parlamentare, ovvero di tre o quattro volte. Riconfermare gli uscenti non è stato quindi un problema. L’attenzione della leader di FdI è stata quindi rivolta quasi esclusivamente sul come e con chi riempire i nuovi scranni che il suo partito conquisterà tra un mese, considerato anche che, una delle critiche più forti che le vengono mosse è quella di non avere una classe dirigente in grado di ricoprire incarichi ministeriali e di governo.

Una critica che la Meloni ha sempre respinto ai mittenti, ma nel contempo l’ha anche recepita. Da qui la scelta di candidati “eccellenti” a dimostrazione che FdI può contare non solo sull’apporto dei suoi iscritti, ma anche di personaggi con precedenti di governo e parlamentari, nonché su esponenti della società civile e della amministrazione dello Stato.

E allora, ecco, per fare alcuni nomi, Giulio Tremonti, più volte ministro dell’Economia nei governi Berlusconi, presidente dell’Aspen Institute Italia e tra i più grandi avvocati tributaristi. A seguire l’ex ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri nel governo Monti e Marcello Pera (già Fi come Tremonti), presidente del Senato. Poi Giuseppe Pecoraro, ex prefetto di Roma, che si occupò in particolare dell’emergenza rifiuti che già anni fa sommergevano la Capitale. Per respingere poi le accuse di razzismo e antisemitismo (una carta sempre giocata dal centrosinistra contro la destra) con FdI ci sarà Ester Mieli, ex portavoce della Comunità ebraica di Roma. Come si vede, un “parterre” di tutto rispetto.

Diversa la situazione degli alleati nella coalizione di centrodestra. La Lega punta ad avvicinarsi al risultato del 2018, quando si attestò poco sotto al 20 per cento dei voti e sopravanzò Fi (inimmaginabile pensare di ripetere l’exploit delle elezioni europee del 2019 quando si attestò sul 34% dei voti). Matteo Salvini spera e confida di attestarsi intorno al 15-16 per cento e di salvaguardare il salvabile (inevitabile che qualcuno dei parlamentari uscenti resti fuori da Palazzo Madama e da Montecitorio).

Ancora più difficile la situazione in Forza Italia. Gli “azzurri” veleggiano (sempre in base ai sondaggi che registrano un 40% di indecisi sul non voto o su chi votare) intorno al 10% e sembrano penalizzati da alcune defezioni importanti come quelle Mara Carfagna e Mariastella Gelmini confluite in Azione di Carlo Calenda.

Da primo partito della coalizione da lui fondata nell’ormai lontano 1994, Silvio Berlusconi appare rassegnato ad occupare la terza piazza alle spalle di FdI e Lega, ma confida che il suo appeal presso una parte dell’elettorato che ha fatto le fortune di Fi non sia appannato in modo tale da superare la soglia del 10% tentando di recuperare almeno una parte di quegli elettori che da anni si è rifugiata nell’astensionismo o si è rivolta altrove.

Certo è che le scelte “dolorose” fatte nella compilazione delle liste e dei candidati hanno seminato molto malcontento nelle file azzurre, ma l’ex “cavaliere” confida molto sulle sue capacità di catturare il consenso della “casalinga di Voghera” e di chi segue abitualmente i programmi delle reti Mediaset. Non dimentichiamo che in ogni campagna elettorale fatta da Berlusconi in prima persona, Fi ha sempre guadagnato punti sui risultati attribuiti agli “azzurri” dai sondaggi. L’ex presidente del Consiglio riuscirà anche questa volta nell’impresa di far crescere i consensi sul suo partito? Non lo sappiamo, ma lui ci crede.

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