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Il Governo Conte si avvicina alla tempesta perfetta?

Governo sotto assedio: Bruxelles boccia la manovra e in Parlamento la maggioranza si sfilaccia sul dl anticorruzione. Fino a che punto si può spingere il braccio di ferro?

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E’ certamente il momento meno agevole dal giorno del giuramento, per il governo Conte-Salvini-Di Maio. La prevista bocciatura della manovra da parte di Bruxelles è solo un tassello di un quadro più ampio, che vede le tensioni nella maggioranza esplodere con un certo fragore. Al di là dei messaggi alternativamente tranquillizanti o di sfida da parte dei  leader leghista e cinque stelle, negli ultimi due giorni il governo è andato ‘sotto’ su un  emendamento al decreto anticorruzione molto caro ai grillini, ed ha ricevuto il rigetto del documento programmatico di Bilancio per il 2019. Sono così aperte le porte per una procedura per debito eccessivo.

Ad aggravare la situazione, alcuni dati macroeconomici certificati dagli istituti di rilevazione. L’Istat ha tagliato le previsioni per il Pil nel 2018 (1.1% in termini reali; la previsione di maggio era 1,4) , mentre ci potrebbe essere una “lieve accelerazione” nel 2019 (+1,3%). Va ancora peggio per l’Osce, secondo il quale  la crescita italiana si fermerà allo 0,9% nei prossimi due anni, ben sotto quindi la stima del governo (1,5% il prossimo anno e 1,6% quello successivo). Il tutto nelle fluttuazioni dello spread che resta comunque ben saldo sopra lo soglia dei 300 punti.

Sembra difficile anche ricevere un aiuto dalle capitali dove sono insediati ‘governi amici’ (Vienna o Budapest), che sembrano invece le più severe verso Roma. Fino a che punto può spingersi il braccio di ferro? Il governo, sia pure con qualche preoccupazione espressa da Conte, non pare intenzionato a compromessi. Già Salvini ha paragonato la lettera di Bruxelles a quella di Babbo Natale, ed i Cinque stelle hanno assicurato col capogruppo alla Camera che non ci sarà nessun arretramento. Il governo si avvicina dunque pericolosamente alla ‘tempesta perfetta”? Chi può assicurare infatti che i ‘guai’ con la Ue non si ripercuotano in termini di sfilacciamento della maggioranza? Già i primi segnali sono stati percepiti nell’iter di alcuni provvedimenti, fra ‘manine’, voti di dissidenti e franchi tiratori (esattamente come nella prima repubblica). Senza arrivare a scenari greci, se le condizioni economiche peggiorassero, se fosse sempre più difficile prendere soldi in prestito dalle banche, se questo impattasse sul tessuto produttivo del paese, specialmente nel Nord, difficilmente il governo ma soprattutto parlamentari potrebbero ignorare il tutto. Non è un mistero che nei corridoi di Montecitorio da qualche tempo si parla di crisi. Il vero problema è, però, che non c’è nessuna maggioranza alternativa.

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