Povertà: la sfida più grande per il governo Meloni

Quasi 12 milioni di persone a rischio povertà e oltre 3,3 milioni in condizioni di grave deprivazione materiale. Secondo il rapporto Caritas e quello dell’Istat il reddito di cittadinanza non riesce a raggiungere almeno 2 milioni di individui.

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Leggendo l’ultimo rapporto della Caritas sulla povertà in Italia e quelle di inizio estate dell’Istat c’è da chiedersi quale sarebbe la situazione senza il moltiplicarsi dei sussidi e dei bonus, l’allentamento per l’accesso alla pensione, il reddito di cittadinanza. Nonostante il robusto rimbalzo del Pil degli ultimi due anni, la povertà nel nostro paese tocca il massimo storico. Sono 5,5 milioni gli italiani in condizioni di povertà assoluta e oltre 8 milioni in condizioni povertà relativa. Una progressione impressionante che ha portato in appena 15 anni a triplicare il numero dei poveri.

E’ questo il terreno dove il Governo, ma la politica nel suo complesso, sono chiamati ad affrontare la sfida più grande. Le prospettive indicano un peggioramento ulteriore della situazione, determinato dall’impennata delle bollette e dall’inflazione galoppante che è una tassa regressiva che colpisce soprattutto le famiglie economicamente più vulnerabili.

Per una fotografia più accurata, l’indicatore Arope (che misura gli aspetti della povertà e dell’inclusione sociale) fornisce un quadro allarmante sul prossimo futuro. In Italia ci sono quasi 12 milioni di persone a rischio povertà e oltre 3,3 milioni in condizioni di grave deprivazione materiale, in totale un quarto della popolazione, con numeri stabili tra il 2020 e il 2021 a conferma che il forte balzo dell’economia non ha inciso in modo significativo sull’area del disagio sociale.

 

Il 42 % dei poveri o a rischio povertà risiede nel Mezzogiorno, in particolare in Campania, Calabria e Sicilia

 

Altro elemento che ci fornisce l’indicatore è che queste persone non sono distribuite in modo omogeneo sulla penisola. Al contrario quasi il 42% risiede nelle regioni del Mezzogiorno e in particolare in Campania, Calabria e Sicilia.

E’ evidente che bollette triplicate e inflazione che vola verso il 10% rappresentano un elevato rischio che l’area della povertà si allarghi a dismisura. Il problema è quali scelte e orientamenti politici per contrastare un fenomeno che mina la stabilità sociale, tenendo conto di un altro elemento scarsamente considerato: le pensioni. Il centrodestra è orientato a non tornare alla Fornero ma introdurre meccanismi per anticipare l’età di pensionamento. Ma il vero problema non è tanto l’età quanto l’importo delle pensioni. Il passaggio dal calcolo retributivo a quello contributivo sta evidenziando le differenze tra i due sistemi. Negli ultimi due anni l’importo medio delle nuove pensioni è inferiore all’assegno medio complessivo. E nei prossimi anni la tendenza si accentuerà. Importi più bassi e inflazione galoppante fanno salire i pericoli di allargamento dell’area della povertà.

Altra questione da affrontare è il reddito di cittadinanza che il centrodestra in campagna elettorale ha promesso di modificare profondamente. L’approccio però è profondamente fuorviante. Le frodi (circa il 3% del totale) non possono giustificare interventi restrittivi nei confronti di uno strumento che mostra evidenti limiti. I nuclei familiari percettori di almeno un assegno di reddito di cittadinanza sono 1,4 milioni, pari a 3,3 milioni di persone. Prendendo il rapporto Caritas e quello dell’Istat significa che il reddito di cittadinanza non riesce a raggiungere almeno 2 milioni di individui.

 

Sbagliato considerare il reddito di cittadinanza strumento per le politiche attive

 

Se il centrosinistra fosse stato più lungimirante la storia recente avrebbe avuto un altro corso. Il governo Gentiloni nel 2013 istituì il Rei (Reddito di inclusione), attuato poi dal successivo esecutivo Renzi. Tecnicamente ben fatto, peccato che le risorse investite, meno di un miliardo l’anno, erano largamente insufficienti (per il reddito di cittadinanza la dotazione è di 10 miliardi l’anno, cifra analoga al bonus di 80 euro sempre targato Renzi).

Il grave errore sul Reddito di cittadinanza è stato immaginarlo come uno strumento per le politiche attive, mentre è l’esatto contrario come hanno dimostrato esperienze simili in Gran Bretagna. Piuttosto in Italia non c’è alcuna riflessione sui risultati del programma Garanzia Giovani che in modo improprio è centrato sulle politiche attive del lavoro mentre sarebbe stato molto più utile per contrastare la dispersione scolastica.

Da molti anni sentiamo parlare dell’austerità imposta dall’Europa, la realtà è che l’Italia l’austerity non solo non l’ha praticata ma addirittura ha speso soldi quasi inutilmente su molti programmi. Ad esempio gli 80 euro di Renzi ad oggi hanno drenato risorse per oltre 60 miliardi, gli sgravi contributivi per le assunzioni con contratti a tutele crescenti sono costati quasi 20 miliardi per finanziare posti di lavoro che si sarebbero creati anche senza incentivi. Idem per quota 100 e per la flattax al 15% per le partite Iva fino a 65mila euro.

Giorgia Meloni è chiamata a risolvere una equazione politica molto complessa. Fronteggiare una serie di emergenze delicate e la lotta alla povertà è in cima alla lista in considerazione dei gravi rischi che si prospettano. Dovrà convincere una maggioranza molto riottosa a sorpassare a sinistra PD e soprattutto M5S se non vorrà seguire le sorti dei suoi ultimi predecessori da Renzi a Di Maio passando per Salvini: osservare il consenso che si scioglie come neve al sole.

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