Venti milioni di euro sono tanti soldi, anche per un obiettivo ambizioso come quello di portare la differenziata a Roma al 70% in tre anni. La somma sarebbe quella chiesta dal sindaco di Roma, Virginia Raggi, al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, per aumentare la quota di differenziata e portarla una volta per tutte sui livelli di una Capitale. Il responsabile dell’Ambiente è rimasto piuttosto freddino, limitandosi ad annuire e fare un paio di appunti.
Primo, se e quando ci sarà una richiesta formale di fondi, il governo potrebbe decidere di prenderla in esame. Secondo, nel piano rifiuti presentato dalla Raggi, che poi ricalca quello messo a punto nelle settimane scorse dall’Ama (qui l’approfondimento di Radiocolonna.it) visto che anche la municipalizzata ha fissato il target differenziata al 70% (oggi è al 44%, l’Ue chiede il 65%), c’è più di un cono d’ombra. “Mi sembra un piano molto virtuoso per essere contestualmente credibile”, ha commentato Galletti. Come a dire, vada per gli obiettivi, ma i soldi da dove li prendete?
E qui sta il cuore del problema. La differenziata da sola non può bastare a risolvere il problema dello smaltimento a Roma. Servono impianti all’altezza, possibilmente di ultima generazione. Dunque bisogna investire. Ma il Campidoglio non sembra in grado di farlo, nè tanto meno Ama. Ed è difficile pensare che il governo vada oltre la cifra chiesta dalla Raggi. Basta leggere con un po’ di attenzione il bilancio appena approvato dalla municipalizzata per rendersi conto di come al momento non via sia una soluzione strutturale al problema.
Tra il 2015 e il 2016 gli investimenti in impianti di smaltimento o trattamento rifiuti sono crollati da 3 milioni a 662 mila euro. Le risorse destinate alla raccolta meccanizzata della spazzatura, i camion autocompattatori per intendersi, sono calate di un milione, da 8,6 a 7,7 milioni. In tutto, gli investimenti per raccolta, trattamento e smaltimento sono passati dai 29 milioni del 2015 ai 13 del 2016. Non è pensabile mettere in sicurezza l’intero ciclo. Il piano del Pd, tanto per dare un’idea, prevedeva investimenti per 320 milioni, quello dell’Ama a Cinque Stelle, 111.
Forse è anche per questo che nella relazione del collegio dei revisori che dà il via libera al bilancio, si parla apertamente di “inadeguatezza degli impianti di cui dispone l’azienda rispetto agli obiettivi strategici, specie nel caso di situazioni di fermo o sospensione del servizio”. Stando a questa situazione, poco importa che l’utile di Ama sia sceso da 893 a 626 mila euro.
Radiocolonna.it ha interpellato Alessandro Bratti, presidente della commissione parlamentare incaricata di vigilare sul ciclo dei rifiuti, fresco di blitz a sorpresa presso gli impianti Tmb di Roma. “Certo, mai dire mai, ma diciamocelo, qui manca una soluzione strutturale al problema. Si parla di differenziata al 70%, benissimo ma dove stanno gli impianti, ma soprattutto i soldi per farli. Il governo può dare un aiuto, ma poi cosa raccontiamo agli abitante delle altre città che la differenziata se la fanno da sola?”.
Per Bratti il vero problema è la mancanza di una soluzione industriale. “E’ inutile che ci giriamo attorno, servono impianti nuovi. Senza una rete industriale seria Roma sarà sempre a un passo dalla crisi. Io suggerirei di pianificare nuovi siti per il trattamento della differenziata e per lo smaltimento, ma servono mesi. Nel frattempo si potrebbe ripartire da discariche intelligenti, non come Malagrotta. Prima le discariche e poi costruire nuovi impianti”.