Gli interventi emergenziali e straordinari non possono ignorare criticità e inefficienze storiche dei principali servizi della capitale che necessitano di soluzioni strutturali e di medio-lungo periodo.
Tema spinoso e complicato quello della pulizia straordinaria di Roma, il primo obiettivo concreto della nuova amministrazione che tuttavia ha innescato una sorta di falsa partenza. Un bonus per i dipendenti AMA che non si ammalano ha scatenato le polemiche, tant’è che l’accordo è stato poi rivisto e trasformato in un incentivo alla produttività. Dall’intesa sparisce il riferimento alla malattia, il bonus variabile sarà solo in funzione di permessi e ferie non utilizzati.
Una questione apparentemente semplice si è trasformata nella prima grana politica per il nuovo sindaco Gualtieri, confermando che su rifiuti e trasporti il livello di sensibilità è elevatissimo.
La volontà di assicurare una pulizia straordinaria della città per le feste natalizie può essere catalogata tra le buone intenzioni ma deve fare i conti con la realtà. Gli interventi emergenziali e straordinari non possono ignorare criticità e inefficienze storiche dei principali servizi della capitale che necessitano di soluzioni strutturali e di medio-lungo periodo.
AMA e ATAC da troppo tempo soffrono la mancanza di governance chiare e trasparenti e di risorse e infrastrutture.
Il primo punto è il necessario equilibrio tra i ruoli: potere di indirizzo della politica, responsabilità gestionale degli amministratori delle società e potere decisionali ai dirigenti delle stesse. Qualsiasi sconfinamento mina le buone pratiche di governance e di chiarezza delle attribuzioni. Ed è quanto accade ad AMA e ATAC da molti anni. E su tale aspetto il caos e la confusione regnano sovrani sulle due municipalizzate.
AMA e ATAC da troppo tempo soffrono la mancanza di governance chiare e trasparenti e di risorse e infrastrutture. C’è poi un tema legato alla gestione del personale ma è come chiedersi se nasce prima l’uovo o la gallina. Che le due aziende soffrano di vistose anomalie e inefficienze in termini di organici è molto evidente. AMA l’anno scorso ha accusato un tasso di assenteismo intorno al 20% ma nell’anno in corso è tornato su livelli fisiologici del 14-15%. Consueti per AMA ma che sono ben oltre la media nazionale, circa il 10% nel settore pubblico e inferiore al 7% in quello privato. Anche ATAC presenta numeri simili mentre una società come Acea, controllata dal comune ma quotata in borsa, è allineata al tasso di assenteismo delle imprese private, quindi circa la metà rispetto alle municipalizzate di trasporti e rifiuti.
Ama e Acea pochi spazi di collaborazione
Durante la campagna elettorale è tornata d’attualità l’ipotesi di integrare AMA in Acea. Allo stato attuale sarebbe una operazione che non migliora le prospettive di AMA e azzopperebbe Acea caricandola di oneri impropri. C’è poi una questione di modello di business. In tutte le grandi città europee, compresa Milano, la raccolta rifiuti è affidata a una società diversa da quella che gestisce lo smaltimento. Inoltre AMA non ha quasi più impianti quindi è poco comprensibile cosa potrebbe conferire in un matrimonio con Acea. La carenza di impianti tuttavia influisce negativamente sulla raccolta. Roma nel 2020 ha visto scendere la percentuale di differenziata dal 45 al 43%. In 5 anni la percentuale è rimasta sostanzialmente ferma mentre a Milano è salita dal 49 al 65%.
La realizzazione di impianti di smaltimento anaerobici è ancora sottoposta a iter autorizzativo e così circa 500mila tonnellate l’anno di rifiuti organici non possono essere intercettate dalla raccolta differenziata. Recentemente il Ministero per la transizione ecologica ha pubblicato i bandi per l’economia circolare con i quali verranno finanziati progetti per 1,5 miliardi di euro con risorse del Pnrr e il 60% sarà destinato al centro sud. Partecipare al bando dovrebbe essere questione scontata per Roma e AMA ma per presentare i progetti devono essere individuate anche le aree per realizzare gli impianti e su questo la nebbia è ancora spessa.
Il tema rifiuti a Roma si è trasformato in una emergenza ormai strutturale a causa della paralisi politica e l’inseguimento di obiettivi fantasiosi.
E’ incomprensibile l’allergia delle amministrazioni del Lazio, comuni e regione, a realizzare impianti di smaltimento rifiuti. Lo stesso piano regionale al 2025 si basa su stime poco attendibili, come la previsione di una riduzione della produzione di rifiuti del 10% e l’innalzamento della differenziata a livello regionale dal 50 al 70%. AMA nell’ultimo piano industriale indicava una differenziata al 70% a Roma già nel 2021 e una autonomia industriale (cioè la capacità di chiusura del ciclo rifiuti) al 29% ma ristagna ancora sotto il 20%. Stime che nella sostanza abbassano la quantità di impianti necessari. Non sorprende quindi che il Lazio non sia minimamente autosufficiente nello smaltimento.
Il tema rifiuti a Roma si è trasformato in una emergenza ormai strutturale a causa della paralisi politica, l’inseguimento di obiettivi fantasiosi (rifiuti zero in 5 anni promesso dalla ex sindaca), l’immobilismo come strategia.
La pulizia straordinaria di Roma quindi va presa come un segnale di buona volontà, l’inversione di rotta richiede invece visione, impegno, trasparenza, progetti e risorse. E soprattutto tempo, perché le facili scorciatoie non esistono.