Scabbia a Roma, contagiosa ma si cura facilmente

A provocarla è un acaro, no all'autodiagnosi

Vigilanza si’, ma non allarmismo. Il caso di scabbia riscontrato nella scuola dell’infanzia Val di Lanzo nel III Municipio non significa che sia possibile un’epidemia nella Capitale, anche perché non si tratta di una malattia provocata da un virus o da un batterio. Ogni anno in Italia si registrano tra i 5.000 e i 6.000 casi. Il sintomo principale: il prurito accompagnato ad eruzioni cutanee.

 

L’Aida (Associazione dermatologi ospedalieri) afferma che “la scabbia è un’infestazione da parte di un acaro chiamato Sarcoptes scabiei che si moltiplica sulla cute umana; la femmina vive 4-6 settimane deponendo 40-50 uova in un cunicolo nella cute e le uova si schiudono dopo 79-96 ore. Al di fuori di casi insorti nel corso di epidemie note, la diagnosi certa di scabbia può essere posta solo dallo specialista che esegua un opportuno prelievo di cute e la osservi al microscopio”.

 

Dunque nel caso abbiate dei dubbi evitate l’autocura e l’autodiagnosi, ancor  più cominciando a prendere da soli antibiotici. “Può colpire chiunque in qualunque fascia di età indipendentemente dal livello sociale o dalle condizioni igieniche. Più spesso sono interessati giovani adulti o anziani allettati – dicono gli esperti dell’Aida – La scabbia si trasmette principalmente per contatto cutaneo diretto piuttosto prolungato un’altra frequente modalità di infestazione è rappresentata dal dormire nello stesso letto o indossare la stessa biancheria. In questo caso è la biancheria a diretto contatto con la pelle (lenzuola, canottiere, pantaloni, ecc) quella che può trasmettere gli acari e può farlo solo se essa è adoperata dal soggetto sano poco dopo l’uso da parte del soggetto ammalato (ovviamente senza essere stata lavata).

 

Come si cura? L’Aida dice che “ prodotti utilizzati nella cura della scabbia sono numerosi, attualmente si predilige la permetrina al 5% che è risultata essere molto efficace e sicura. Essa viene applicata sulla pelle e lasciata agire per almeno 8 ore, può risultare utile una seconda applicazione dopo 7 giorni”. 

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