L’altro ieri mattina Roma s’è svegliata con l’ennesimo scandalo riguardante la sua classe politica e imprenditoriale. Nove arresti e indagati eccellenti sul progetto del nuovo Stadio della Roma, con la procura capitolina che lavora su ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e su altri reati nei confronti della PA.
A un attento osservatore non sarà sfuggita tempistica con cui sono scattati gli arresti dell’imprenditore Luca Parnasi, del presidente di Acea Luca Lanzalone, del vicepresidente del Consiglio Regionale Adriano Palozzi (FI) e dell’ex assessore regionale dem Michele Civita.
Il tutto è avvenuto dopo le elezioni, un fatto non scontato visto che arresti o notizie di avvisi di garanzia in passato hanno fatto irruzione nel dibattito politico spostando equilibri e consensi.
Questa volta che è successo?
Il blitz è avvenuto dopo la grande tornata amministrativa che ha rinnovato alcuni consigli municipali a Roma e comunali in tanti comuni laziali. Sarebbe cambiato qualcosa negli esiti elettorali se il vaso di Pandora sullo stadio giallorosso fosse stato aperto a urne aperte? Non lo sappiamo, anche perché stavolta la le grandi forze politiche – a vario titolo – sono coinvolte tutte, anche se tramite propri esponenti locali.
Lo scandalo che ha investito Parnasi & co. rivela che la giustizia a orologeria – espressione abusata durante il ventennio berlusconiano – a volte può segnare l’ora giusta senza interferire (troppo) con la sfera politica.
Una visione garantista più ortodossa sostiene che no, la Procura di Roma anche stavolta è entrata a gamba tesa nelle vicende politiche perché a breve ci saranno i ballottaggi e le notizie uscite possono penalizzare chi nella vicenda stadio ha avuto un ruolo politico di rilievo (vedi Caudo, assessore ai tempi di Marino e ora in lizza per diventare minisindaco del Municipio III).
Si potevano aspettare i ballottaggi? C’era l’impellenza di far scattare il blitz mercoledì? Quali sono i criteri con cui una procura stabilisce tempi e modi di un’operazione?
In attesa di rispondere a questi interrogativi, la storia politica recente è ricca di episodi giudiziari che hanno fatto irruzione nel dibattito pubblico. A volte condizionando la sorte di elezioni e candidati. Un caso per tutti è quello di Raffaella Paita, candidata del centrosinistra in Liguria che nel 2015, a un mese dalle elezioni, si ritrovò indagata per l’alluvione genovese dell’anno precedente. Indagata da candidata e assolta da sconfitta, visto che a vincere fu Giovanni Toti di Forza Italia.