Tutto rimandato al 31 gennaio. In queste poche parole è concentrata la sintesi della Conferenza di Servizi di ieri sul nuovo stadio della Roma. La riunione tecnica tra gli enti coinvolti e le parti in causa – come riportato da Il Tempo – ha deciso di anticipare la chiusura dei lavori al 1 febbraio. Un termine che rende infuocate le prossime due settimane, con il Comune che – da parte sua – deve produrre ancora atti importanti sul fronte urbanistico e con tanti altri dettagli da limare. Che se dovessero venir meno, denunciano dalla Regione, potrebbe essere a rischio l’intero iter burocratico.
Al fianco delle questioni tecniche c’è però la sostanza di un progetto che vive fasi concitate, con la partita delle opere pubbliche e le cubature a compensazione che resta apertissima. Ed è proprio questo uno dei temi più caldi sul tavolo delle trattative. L’amministrazione Raggi – nella figura dell’assessore Paolo Berdini – non ama il progetto per il nuovo Stadio della Roma ma sa che contrastarlo con troppo vigore, o farlo saltare, avrebbe un costo alto in termini di consenso. Per questo sembrerebbe che la linea del Comune sia quella si fare lo stadio, sì, ma con meno cemento e meno elementi che possano far supporre un trattamento di favore dell’amministrazione ai privati. Per questo il Comune di Roma sembra disposto a rinunciare a 40 ettari di parco pubblico attrezzato – progettato dalla Kipar, noto studio europeo di architettura paesaggistica – pur di far abbassare le Torri del nuovo stadio. I soldi che il privato risparmierebbe dalla mancata creazione del parco – si parla di 60 milioni circa – potrebbero poi essere investiti sul trasporto pubblico da e verso lo stadio, con un forte potenziamento della Roma-Lido.