Il turismo deve essere il petrolio dell’Italia è un vecchio slogan che ha ripreso vigore con l’attuale governo che intende, almeno negli annunci, valorizzare un asset fondamentale dell’economia italiana, capace di generare intorno al 15% del Pil. Per dare un segnale tangibile della volontà dell’esecutivo, la ministra Santanché ha promosso il forum internazionale del turismo, una due giorni alla quale hanno partecipato una decina di ministri oltre alla premier in videocollegamento e tutte le categorie degli operatori. Una grande kermesse sulle rive del lago Maggiore, una passerella di presenzialismo ma molto avara di contenuti e proposte strategiche.
Un coro sull’unicità dell’Italia, sulle sue bellezze inarrivabili, sulla creatività imprenditoriale ma senza alcun riferimento alle criticità storiche del Paese in materia di turismo. Un settore dai numeri importanti che sta vivendo un 2023 ancora in crescita ma che richiede strategie e visione. Secondo molti studiosi il nostro secolo sarà caratterizzato dal passaggio dall’economia dei servizi a un’economia basata sulla rappresentazione di esperienze. Il turista sta diventando un cittadino temporaneo, una trasformazione che richiede come non mai la necessità di fare sistema tra imprese, istituzioni e amministrazione. Già oggi il 75% dei millenials associa il viaggio ad almeno una esperienza. Non significa che i cittadini del mondo smetteranno di fare la fila per visitare il Colosseo o gli Uffizi ma sempre più vorranno avere un ruolo attivo, partecipare ad esperienza legate ai luoghi e ai prodotti. Una trasformazione che pone l’Italia in una posizione potenzialmente privilegiata: turismo e gli oltre 100 miliardi di valore aggiunto del Made in Italy realizzato da 155mila imprese sono il binomio perfetto per affrontare “la nuova economia”. Eppure manca da sempre un piano industriale per il turismo, il comparto più intersettoriale che esiste. Il piano strategico del 2017 è rimasto lettera morta. Mancano sinergie e coordinamenti tra i vari livelli istituzionali, governo, regioni e enti locali. Non deve sorprendere la sonora bocciatura di Roma nella corsa all’Expo. Sconfiggere i sauditi era di fatto impossibile ma deve far riflettere che non c’era alcun esponente del governo alle votazioni.
Più visitatori ma sempre più a bassa capacità di spesa
Se si esclude la Ryder Cup, Roma fa sempre più fatica ad attirare grandi eventi che non sono soltanto olimpiadi e mondiali di calcio. Iniziative e appuntamenti di spessore mondiale anche se di nicchia. Ad esempio la più importante manifestazione in Italia dedicata all’alta ristorazione con l’arrivo di chef stellati da tutto il mondo non si svolge a Roma e nemmeno a Milano o Firenze, ma a Udine.
I numeri sono in crescita ma il valore aggiunto del turismo ristagna. Più visitatori ma sempre più a bassa capacità di spesa. Il 2023 segnerà numeri record per la capitale anche per i flussi di stranieri che dovrebbero superare i 10 milioni di presenze. E comunque sono la metà di Londra, il 65% rispetto a Parigi e un terzo rispetto a Bangkok. Per volume di presenze straniere Roma era al settimo posto all’inizio degli anni 2000 oggi è scivolata in 17ma posizione. In valore i 35 milioni di arrivi a Roma (nazionali ed esteri) sfiorano gli 8 miliardi di euro ma i 44 milioni a Parigi fruttano alla capitale francese ben 36 miliardi secondo la classifica di WTCC. La stessa Milano con quasi 9 milioni di arrivi realizza un valore aggiunto di 3,5 miliardi.
C’è grande aspettativa per il Giubileo del 2025 ma gli effetti saranno limitati e soprattutto temporanei. Uno studio recente della Banca d’Italia sui grandi eventi ha mostrato che il Grande Giubileo del 2000 ha avuto un lieve effetto positivo ma transitorio sul valore aggiunto pro capite e sull’occupazione, la rivalutazione immobiliare è stata modesta e i flussi turistici sono aumentati (circa 8 milioni di pellegrini) solo nell’anno dell’evento.
Nel disegno di legge sul Made in Italy non c’è alcun riferimento al turismo esperienziale
A livello paese l’Italia realizza oltre 100 miliardi di euro di valore aggiunto ma la Germania con appena 40 milioni di presenze supera quota 120 miliardi. Anche in volume si amplia la forbice con i principali competitor. Siamo il paese più bello al mondo ma la Francia conta 35 milioni di presenze in più della penisola, la Spagna 20 milioni e siamo stati superati anche dalla Turchia.
Il binomio turismo e Made in Italy è materia da convegni e seminari ma trascurata da governo e parlamento. Nel disegno di legge sul Made in Italy non c’è alcun riferimento al turismo esperienziale, nulla sulla registrazione dei marchi per gli itinerari, nulla sulla individuazione delle imprese culturali e creative. Gli enti locali vanno di pari passo. Città come Atene, Zurigo e Helsinki hanno trasformato i portali delle amministrazioni cittadine. I loro siti web sono oggi concentrati su cosa fare e non più su cosa vedere. Il turismo diventa ancor più interdisciplinare, l’infrastruttura sulla quale costruire esperienze diventa più ampia, va oltre i confini dell’industria turistica.
La sfida della trasformazione del turismo come esperienza richiede una adeguata cassetta degli attrezzi. È necessaria un’agenda turistica nazionale, fortemente coesa tra i diversi livelli ed enti territoriali di governo e di promozione, concertata a livello operativo tra amministrazioni e imprese così da realizzare un vero e proprio piano industriale per stimolare e supportare visioni e strategie pubbliche e private.