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Zingaretti e M5S: La lezione emiliana

Una spinta per il rinnovamento del Pd e la tentazione di portare l'esperienza 'sardine' anche a Roma e nel Lazio

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Il voto regionale di domenica 26 gennaio in Emilia-Romagna e Calabria puo’ essere variamente interpretato anche perche’ nelle due regioni si sono registrati risultati diversi: nella prima si e’ avuta la conferma del centrosinistra, nella seconda la netta affermazione del centodestra. Risultati diversi, quindi, ma con un unico denominatore, il crollo del M5S. E’ comunque il voto emiliano quello che viene piu’ analizzato sia perche’ e’ a Bologna e dintorni che Matteo Salvini ha tentato la spallata non solo all’amministrazione del Pd ma anche al governo giallo-rosso, sia per la maggiore importanza di questa regione per ampiezza del corpo elettorale e per tessuto industriale.

Dunque rivolgiamo anche noi l’attenzione al voto in Emilia-Romagna in un’ottica particolare, ovvero quale lezione possono trarre da questa consultazione i due maggiori contraenti l’alleanza di governo, ovvero il Pd di Nicola Zingaretti ed il M5S orfano di Luigi Di Maio. Nel Partito Democratico si e’ tirato piu’ di un sospiro di sollievo perche’ fino all’ultimo si e’ parlato di un testa a testa tra i due candidati presidenti del centrosinistra e del centrodestra ed il rischio di perdere il controllo della regione “rossa” per eccellenza insieme con la Toscana, dopo la sonora sconfitta di qualche mese fa in Umbria, era piu’ che reale.

La vittoria di Stefano Bonaccini e’ stata quindi una boccata d’ossigeno per il Pd e rappresenta una spinta per Zingaretti a proseguire sulle strada del rinnovamento e della costruzione del “nuovo” partito da lui annunciata. Ed il “nuovo” non puo’ prescindere dal rapporto con il movimento delle Sardine che ha indubbiamente contribuito fortemente alla conferma di Bologna portando alle urne tanti elettori di sinistra che negli ultimi anni avevano disertato il voto oppure avevano scelto Beppe Grillo ed il M5S.

Zingaretti ora pensa di portare l’esperienza emiliana anche a Roma e nel Lazio. Per comune e regione il voto e’ ancora lontano, a meno di sorprese al Campidoglio dove i pentastellati sembrano in fibrillazione, ma il segretario del Pd e “governatore” della nostra regione non vuole farsi trovare impreparato e sta gia’ ragionando sul come collegarsi in modo organico alle “Sardine” senza alcuna volonta’ di ingabbiarle  nel suo partito, anche se “nuovo”.
Per cio’ che concerne i cinquestelle, la loro crisi sembra irreversibile. Stare al governo con alleati, siano essi di sinistra o di destra, ha il suo prezzo perche’ il movimento e’ nato come forza antipartiti (ricordiamoci cosa diceva ancora qualche tempo fa Grillo, ovvero che “il Pd e’ il Pdl senza L”). Il M5S si e’ trovato quindi stretto nella morsa prima della Lega ed ora del Pd. E le due anime pentastellate, quella di sinistra e quella di destra, sembrano destinate a dividersi. Perche’ le alleanze devidono, l’opposizione unisce.

 

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