La città di Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e, anche quest’anno, consuma più suolo di tutte le altre città italiane. Questo quanto emerso dal Rapporto 2021 sull’uso e il consumo di suolo di Roma Capitale, condotto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e presentato oggi nella Sala del Carroccio in Campidoglio. Roma risulta essere in questa posizione dal biennio di rilevazione 2017-2018 ed è la città che dal 2006 a oggi ha consumato, in media, più suolo di tutte le altre città, più di 90 ettari l’anno. La Capitale, che nell’ultimo anno ha consumato 95,05 ettari di suolo, è seguita da Ravenna e Vicenza, rispettivamente con circa 68 e 42 ettari. “Oggi registriamo dei risultati che sono effetto di scelte di qualche decennio fa”, ha spiegato Michele Munafò, ricercatore dell’Ispra. “Paghiamo scelte che sono nel piano del 1962 e nessuno ha la bacchetta magica: il problema del consumo di suolo non si risolve da un giorno all’altro – ha aggiunto -. Il governo uscente ha approvato l’obiettivo ambizioso di azzeramento del consumo di suolo anticipandolo al 2030. I dati che presentiamo oggi ci dicono però che il Paese non sembra pronto”.
In Italia, inoltre, le province dove il consumo di suolo netto è cresciuto di più tra il 2020 e il 2021 sono Brescia, con più 307 ettari; Roma, con più 216 ettari, e Napoli con più 204 ettari. In termini assoluti, la Città metropolitana di Roma si conferma quella con la maggiore superficie consumata al 2021, con oltre 70 mila e 100 ettari, anche per effetto degli ulteriori 216 ettari dell’ultimo anno, di cui 95 nel territorio comunale della Capitale. A livello nazionale i valori percentuali più elevati di suolo consumato nell’ultimo anno si trovano in Lombardia (12,12 per cento), Veneto (11,9 per cento) e Campania (10,49 per cento). In termini di suolo consumato pro-capite, invece, il Lazio presenta i valori più bassi e al di sotto del valore nazionale insieme a Campania, Liguria e Lombardia. I valori regionali più alti – in termini di consumo di suolo pro-capite – e che risentono della bassa densità abitativa tipica di alcune regioni interessano il Molise, seguito da Basilicata e Valle d’Aosta.
Nel corso della presentazione del Rapporto sono intervenuti l’assessora all’Ambiente di Roma, Sabrina Alfonsi e l’assessore all’Urbanistica di Roma, Maurizio Veloccia. “Sappiamo bene che questo non è un rapporto positivo ma negativo per Roma – ha sottolineato Alfonsi -. Partiamo da questo rapporto negativo per sviluppare una positività nella conoscenza del dato reale sul consumo di suolo e ci serve nell’ottica di programmazione della città e anche degli impegni che il sindaco Gualtieri ha voluto prendere sulle 8 città italiane che dovrebbero arrivare alla neutralità climatica entro il 2050”. “Un tema molto attuale, quello del consumo di suolo nella nostra città e nel Paese. A Roma in particolare abbiamo visto negli ultimi 20 anni, dalla fine degli anni novanta, una progressiva espansione della città verso i comuni di cintura, superato il raccordo anulare”, ha proseguito Veloccia. “C’è stato un progressivo spostamento della città e oggi ci sono tre città a Roma: una interna alle mura Aureliane e vicino alle ex periferie storiche, una che si è creata tra il raccordo e i comuni e poi c’è una città vuota dentro la città”, ha aggiunto.
Una valutazione degli scenari futuri – nel caso in cui la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni – porta a stimare il nuovo consumo di suolo in 1.836 chilometri quadrati tra il 2021 e il 2050. Se fosse confermata la velocità media di trasformazione del suolo, rilevata nel periodo 2012-2021 anche nei prossimi 9 anni – considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, tra il 2012 e il 2030 – si arriverebbe a un costo cumulativo compreso tra 78,4 e 96,5 miliardi di euro.