L’allarme di Coldiretti: a Roma non solo cinghiali, è sos lupi

Aumentano le segnalazioni nelle diverse aree da nord a sud della Capitale fino al litorale

Non solo cinghiali, a Roma è ‘sos lupi’. A lanciarlo è Coldiretti Roma, a seguito dei numerosi attacchi a pecore e capre sbranate, che sono stati segnalati dai pastori alla federazione provinciale dell’associazione. Un problema che riguarda diverse aree da nord a sud della Capitale fino al litorale.

“Ci sono pastori costretti da tempo a dormire nei furgoni in campagna- spiega il presidente di Coldiretti Roma, Niccolò Sacchetti- per difendere il loro gregge dalle aggressioni, che già in passato si sono verificate. Si tratta soprattutto di quegli allevamenti allo stato semi-brado, come richiede la filiera per la produzione del latte necessario per il Pecorino Romano Dop o quella per l’agnello Igp. Una situazione che rischia di compromettere le nostre eccellenze del Made in Lazio”. La presenza del lupo si è moltiplicata negli ultimi anni con il ripetersi di stragi negli allevamenti, che hanno costretto alla chiusura delle attività e all’abbandono di aree di montagna, ma non solo. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento al forte aumento da nord a sud della popolazione di lupi, stimata dall’Ispra nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU intorno ai 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola. “Questi numeri sembrano confermare che il lupo ormai, non e’ più in pericolo e- sottolinea il direttore di Coldiretti Roma, Giuseppe Casu- e dovrebbero spingere le istituzioni a definire un Piano nazionale, che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati. In un momento così delicato per il settore agricolo, ulteriormente gravato dopo la pandemia anche dalle ripercussioni del conflitto in Ucraina, abbiamo il dovere di tutelare il Made in Lazio e quelle realtà che rappresentano un’eccellenza per il nostro territorio”. Fondamentale salvaguardare le biodiversità. La libertà di pascolamento di animali non può essere messa a rischio. E gli allevamenti in queste condizioni fanno fatica ad andare avanti. Quello che svolgono le aziende agricole da sempre, inoltre, è anche un ruolo di presidio dei territori, che senza la loro presenza rischierebbero di essere esposti al degrado e all’abbandono.

“Il ritardo nell’affrontare il tema- aggiunge il presidente Sacchetti- pregiudica la soluzione del problema, dopo che i risultati dell’indagine hanno fornito elementi utili ad una revisione delle politiche di conservazione. Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, dei pastori e allevatori che con coraggio continuano a presidiare le montagne e a garantire la bellezza del paesaggio. Senza i pascoli le montagne muoiono, l’ambiente si degrada e frane e alluvioni minacciano le città”.

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