Astenia, senso di affaticamento, difficoltà a mantenere la concentrazione fino alla lentezza nell’elaborare le risposte. I sintomi sono molteplici e contemplano anche disturbi gastrointestinali ricorrenti, neuropatie locali, pericarditi e colpiscono in media un paziente su tre (500mila circa nel Lazio ) di quelli che hanno sconfitto l’infezione da Sars-Cov-2, scrive il dorso locale del Messaggero.
Sono coloro che soffrono di quello che in letteratura scientifica è stato definita “chronic-fatic-syndrome”, la sindrome da affaticamento cronico. Sono i dati su coloro i quali, passata la fase acuta della malattia, che siano stati ricoverati oppure no, hanno lamentato disturbi persistenti affidandosi ai tanti ambulatori che, proprio con l’emergenza sanitaria, sono stati attivi negli ospedali: dal policlinico Agostino Gemelli all’Umberto I fino alla sede del Bambino Gesù di Palidoro. Perché il “Long-Covid” colpisce anche loro, i bambini.
“Mediamente il 40% dei pazienti che ha superato il Covid, che siano stati ospedalizzati oppure no – spiega al Messaggero Massimo Andreoni, primario di Tor Vergata e presidente della Società italiana di Malattie infettive – presenta sintomi di post-Covid con osservazioni che hanno superato i 12 mesi e dunque sono abbastanza attendibili”. In alcuni casi la percentuale sale e mediamente un paziente su tre, di quelli che hanno superato l’infezione, continua ad avere problemi.
Come Ilaria – la chiameremo così – che ha 22 anni ed ha contratto il virus a gennaio 2021. “L’ho superato ma da allora vivo una vita chenon è la mia – racconta al quotidiano romano – ho pericarditi ricorrenti, difficoltà nella concentrazione che mi hanno fatto ritardare la laurea, senso di affaticamento e depressione”.
Gli studi finora condotti per “identificare la patogenesi – prosegue Andreoni – ovvero i meccanismi che portano a questa multi-sindrome dimostrano che è maggiormente presente in persone con infiammazioni nel sistema nervoso centrale; anche le indagini strumentali come la risonanza magnetica o Tac con contrasto dimostrano una riduzione della sostanza grigia”. A Tor Vergata il 20% dei pazienti dimessi dopo la fase acuta è in osservazione costante.
I NUMERI
Al Policlinico Agostino Gemelli, dove già nell’aprile del 2020 fu attivato un servizio di day-hospital per supportare e analizzare coloro i quali superavano l’infezione, il responsabile di quello che poi è diventato l’ambulatorio post-Covid, Matteo Tosato, spiega al Messaggero: “Abbiamo iniziato queste attività che ci hanno permesso di comprendere le conseguenze dell’infezione e per fare questo abbiamo pensato a un servizio multispecialistico perché tanti sono i problemi in fase acuta e tanti sono poi i decorsi e post sintomi”.
Al Gemelli su più di 2.500 positivi al Covid “il 25% prosegue Tosato – dice di essere tornato quello di prima” ma è una percentuale molto bassa. Negli altri, si legge sul Messaggero, “il sintomo più comune in assoluto è l’afasia, per cui il paziente ha grande difficoltà a riprendere le attività ordinarie – conclude il medico – c’è la dispnea, ovvero la mancanza di fiato, la nebbia mentale, la difficoltà nell’attenzione, disturbi gastrointestinali, problemi inerenti le palpitazioni, almeno una quota di questi sintomi è correlata alla gravita del ricovero”.
E il “Long-Covid” colpisce anche i bambini: “C’è tutto un corredo di sintomi anche nel campo pediatrico – aggiunge Andrea Campana, a capo del centro Covid di Palidoro del Bambino Gesù – come l’impossibilità di fare sport, cefalee ricorrenti, manifestazioni cutanee o simili alla sindrome di Raynaud, neuropatie periferiche. Su 1.255 bambini ricoverati per il Covid, 350 sono seguiti costantemente mentre circa 200 ha sintomi persistenti da post Covid”.