Il Folloviello: l’antico dolce portafortuna per Capodanno

Non è un dolce tipico della tradizione laziale ma, come tutti i cibi, rari, storici e unici, il folloviello ha varcato i confini di tante regioni

Prendiamo questa spettacolare ricetta dal sito  First & Food e ringraziamo il collega Giuliano De Risi, autentico e attento esploratore di piatti inusuali che riesce a scovare queste meraviglie

——————————

Il Folloviello: l’antico dolce portafortuna per Capodanno che risale all’epoca romana.
Frutta secca, lenticchie, uva, melagrana e peperoncini sono considerati a Napoli i cinque indispensabili portafortuna da mangiare a Capodanno per propiziarsi l’anno a venire. In Francia il numero addirittura si moltiplica a 13.

Ma ritornando alle tradizioni, di evidente derivazione borbonica, delle tavole napoletane di fine d’anno c’è da dire che la frutta secca ha da sempre avuto nel corso dei secoli un carattere scaramantico.

Per i Romani era un simbolo beneaugurante per onorare i matrimoni. Sempre i Romani ma prima di loro anche i Greci attribuivano particolare potere propiziatorio alle lenticchie, che con la loro forma appiattita richiamavano idealmente le monete e quindi prefiguravano, in certo qual senso, ricchezze a venire.

Una usanza protrattasi fino in epoca medievale e oltre, era quella di regalare all’inizio del nuovo anno, la scarsella, ovvero una borsa di cuoio da legare alla cintura che conteneva, appunto, lenticchie che avrebbero dovuto trasformarsi in monete per tutto l’anno.

Il peperoncino ha una lunga storia: da quando  sbarcò in Europa, dalle Caravelle di Cristoforo Colombo, è stato adottato in Italia Meridionale per difendersi dal malocchio (usanza ereditata dai popoli sudamericani che fabbricavano con i peperoncini amuleti e talismani capaci di combattere la negatività) ma nelle campagne meridionali gli hanno conferito un altro valore aggiunto: quello di scongiurare le infedeltà coniugali.

Anche l’uva ha grandi proprietà beneauguranti, così come le lenticchie, richiama al significato delle monete e dell’oro, e per questo è componente indispensabile delle tavole natalizie e dei cenoni di capodanno, e dalla Spagna è arrivata l’abitudine, per gli innamorati italiani, di mangiarne 12 acini, uno per ogni mese che verrà, promettendosi eterno amore.

Lo diceva anche Maometto “Mangiate il melograno vi terrà lontano dall’invidia e dall’odio”, ma ancor prima del Profeta, questo frutto era apprezzato dagli egizi e considerato dai Greci una pianta sacra a Giunone e Venere. Le spose romane usavano anche intrecciare tra i capelli rami di melograno, come simbolo di fertilità e ricchezza.

Fatta questa premessa appare evidente che sulle tavole di fine d’anno non può mancare il “Folloviello” Sorrentino. Perché se sono cinque i prodotti scaramantici napoletani il Folloviello o “Follarello” o “Fogliarello” ne è un gran concentrato.

Si presenta come un fagotto vegetale legato con fili di rafia, uno scrigno verde che, come un vaso di Pandora, racchiude tutto ciò che si può auspicare di bello e di buono per il nuovo anno. L’involucro è composto da foglie di agrumi serrate molto fitte, l’interno racchiude un ripieno di uva passa moscatella, fichi secchi, buccia di arancia candita, tagliata a cubetti.

Il procedimento di preparazione vuole che l’uva o i fichi siano bolliti nel vino bianco e successivamente miscelati con l’arancia candita e in seguito avvolti nelle foglie di limoni, che nella penisola sono particolarmente grandi perché gli alberi qui sono secolari, mediante un filo fatto di fibra vegetale.

Probabilmente il nome dei follovielli deriva dal latino folium volvere (avvolgere nelle foglie) oppure da “follare”, vale a dire “pigiare”, in quanto i fagottini di foglie sono legati molto strettamente per non far uscire il liquido profumato che si crea con l’essicazione e soprattutto l’aroma e il fantastico sapore che le foglie di limone riscaldate conferiscono al ripieno grazie agli oli che si diffondono con il calore all’interno della confezione facendo esplodere in bocca una montagna di sapori. Ma c’è anche una terza teoria che farebbe derivare il nome da “folliculus”, parola che vuol dire sacchetto, guscio usato per riporvi il Fòllaro, che storicamente è il nome di una moneta di bronzo o rame, coniata a Salerno sotto il regno normanno di Roberto il Guiscardo e battuta a Sorrento sotto il Duca Sergio II.

La trasformazione del nome da Follaro a “Follariello” esprimeva nel diminutivo anche il significato del piccolo saporito e profumato fagottino.

Ad ogni modo, i Follovielli, che risalgono ad epoca romana, ma all’epoca, venivano confezionati con foglie di vite o di platano, sono rimasti ancora oggi nell’uso corrente delle festività della penisola sorrentina e si accompagnano con noci, nocciole, fichi secchi, castagne essiccate e simili, definiti anticamente nel loro insieme “ sciòsciole“, un gergo di cui si è persa memoria, che sta per cose da sgranocchiare fra parenti e amici.

Appare subito evidente che non è un dolce semplice e poco elaborato ma, mancano ancora diversi giorni a capodanno, quindi, per chi ama, sorprendere e sperimentare…di tempo ce n’è!!! Buon lavoro e grazie a First & Food

(foto:corriere.it)

 

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014