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Le Zeppole di S. Giuseppe fra storia e tradizione

No Zeppola no festa del Papà, potremmo dire. Ogni regione Italiana ne dà la propria interpretazione ma, a Roma si segue, soprattutto, la tradizione

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Non c’è festa o ricorrenza senza il dolce “dedicato”. Dal panettone a Natale alla colomba di Pasqua, passando tra frappe e uova di cioccolato.

Mancano ormai pochissimi giorni al 19 marzo festa di San Giuseppe anche conosciuta come “festa del papà”. Si celebra in tutto il mondo anche se con date diverse.

Una ricorrenza nata in Oriente in epoca medioevale e molto sentita dalle popolazioni di religione cattolica. In effetti le sue radici affondano nella storia di Giuseppe, padre di Gesù e uomo che dedicò l’intera vita al lavoro e alla protezione della famiglia.

Come dicevamo ad ogni festività corrisponde una specialità culinaria e in Italia questo valore aggiunto è più forte che altrove. Il 19 marzo quindi vede nella ZEPPOLA di S.Giuseppe il dolce per eccellenza.

La zeppola è, praticamente, un grande bignè fritto a forma circolare originariamente farcito di crema pasticcera e decorato con amarene sciroppate. La regione madre di questo dolce è la Campania ma la zeppola di S.Giuseppe, da non confondere con quelle piccole e zuccherate consumate durante il carnevale, ha superato i confini e si è insediata nell’usanza gastronomica di diverse regioni italiane soprattutto nel meridione.

A Roma già da qualche giorno se ne sente il profumo uscire dai forni delle pasticcerie; dai locali più storici che ne rispettano ingredienti e preparazione, a quelli più moderni che portano innovazione proponendo il famoso pasticcino in diverse versioni leggermente rivisitate. Gustoso com’è, il suo consumo non è legato al solo 19 marzo ma comincia ad essere messo in tavola diversi giorni prima e per diversi giorni dopo il fatidico S. Giuseppe.

Come tanti altri dolci festivi della storia d’Italia anche la zeppola veniva fritta nello strutto. Oggi si cuoce nell’olio oppure al forno per renderla più leggera e adatta ai nuovi stili di vita. Il composto principale è la pasta choux, prettamente francese e usata anche per i bignè. Un impasto di farina, acqua, uova, burro e sale. La farina deve essere “debole” ossia con poco glutine che conferirebbe troppa elasticità all’impasto. Anche le dimensioni hanno subito delle modifiche. La vera ricetta vuole una pasta di medie dimensioni che si aggiri intorno ai 10 cm, ma è molto facile (e salutare) trovarne anche in versioni più piccole. Il ripieno originale è fatto di crema pasticcera ma si sposa bene anche con creme al cioccolato, alla nocciola o al pistacchio o alla ricotta.

Le origini
Sebbene la ricetta venne trascritta per la prima volta nel 1837 nel manuale di cucina del cuoco napoletano Ippolito Cavalcanti, le sue origini hanno una duplice interpretazione. Una delle due leggende ci riporta al 500 a.c quando a Roma durante le Liberalia, feste in onore delle divinità del vino, si friggeva nello strutto un impasto a base di frumento. La seconda è appunto una storia napoletana sia dai toni monacali, se diamo credito all’ipotesi che attribuisce alle suore del convento di San. Gregorio Armeno “l’invenzione” di questo dolce. Ma anche “popolare” perchè la zeppola era un tipico cibo di strada, preparata, fritta e servita direttamente sulla via.

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