L’ultimo suicidio risale a ieri, quando un signore di 76 anni, intorno alle 6 del mattino si è lanciato dalla banchina della stazione Cipro della metro A, in direzione Battistini. L’uomo, estratto vivo da sotto il treno, è morto poco dopo. Da novembre 2022 a oggi si contano almeno altri quattro incidenti sospetti nelle metro romane.
Lo scorso 2 marzo, sempre nella linea A, stavolta nella stazione Lepanto, è morto un 74enne. Il 21 febbraio nella stazione Vittorio Emanuele è fallito il tentativo di suicidio di un giovane, così come il 2 novembre scorso è scampato alla morte, nella stazione di Bologna, un ragazzo di appena 19 anni. Salvo anche la donna di 84 anni che lo scorso 14 gennaio si è lanciata sui binari nella stazione di Pietralata, ma non è stata investita grazie alla prontezza del macchinista che è riuscito a fermare il treno poco prima di travolgerla.
“Il suicidio è un evento multifattoriale, che non è legato a un’unica spiegazione ma che ha una serie di variabili che pongono l’individuo in una grande sofferenza mentale”, spiega il professor Maurizio Pompili ordinario di psichiatria dell’Azienda ospedaliera e universitaria Sant’Andrea La Sapienza di Roma, interpellato dall’agenzia Nova .
“Una sofferenza – aggiunge – che diventa insopportabile, per la quale il soggetto non vorrebbe morire ma essere aiutato da qualcuno per risolvere il dramma nella propria mente. Un dramma fatto di angosce, disperazione e di emozioni negative. Una situazione per cui vede il suicidio non come un mezzo per avvicinarsi alla morte, ma per allontanarsi da quella sofferenza”.
Sulla scelta di tentare di togliersi la vita in un luogo pubblico, Pompili sostiene che “metodo e circostanza sono legate alle caratteristiche dell’individuo. Arrecare disturbo o disagio ad altri sono elementi secondari, e anche irrilevanti, rispetto alla sofferenza della mente che non permette di tener conto di questi fattori. Il soggetto, quando si trova in sofferenza estrema, perde i punti di riferimento e la lucidità. Non riesce a fare valutazioni”.
Ci sono campanelli d’allarme che possono essere letti prima dell’estremo gesto. “Nei mesi o settimane prima, ci sono cambiamenti di abitudini repentini; frasi che fanno riferimento al suicidio, alla voglia di farla finita; si danno via le cose care come in un testamento oppure, un cambiamento di umore repentino come, ad esempio, una persona molto angosciata che improvvisamente diventa serena, come se avesse preso una decisione”.
Le soluzioni ci sono e vanno adottate per tempo. “I soggetti in questo stato possono essere aiutati portandoli all’attenzione degli operatori della salute mentale. C’è sempre una soluzione, che può essere anche chiedere aiuto ad un pronto soccorso o anche al numero unico di emergenza”, conclude Pompili.