A cinque anni dall’inizio della pandemia Covid-19, sei pazienti su dieci, che sono stati ricoverati in ospedale durante le fasi più acute della pandemia (2020) presentano ancora sintomi dovuti alla cosiddetta Pasc, acronimo di “Post-acute sequelae of Sars-Cov-2 infection”. Nei casi meno gravi, il rapporto è di un caso ogni dieci pazienti. A dirlo sono i risultati del progetto scientifico Pascnet, coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e finanziato dalla Fondazione Cariplo, nell’ambito del bando “Networking, ricerca e formazione sulla sindrome Post-Covid”.
Attraverso una rilevazione basata sulla raccolta di dati clinici sistematici di oltre 1.200 pazienti, lo studio ha cercato di valutare l’impatto clinico della Pasc e, nello stesso tempo, di indagare le conseguenze che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul Ssn lombardo. Tra gli effetti della pandemia di Covid-19 “ci sono anche quelli indiretti sul Servizio sanitario nazionale che, alla fine del periodo pandemico, registrava ancora un calo ampio e persistente dell’assistenza ambulatoriale”, si legge nella nota. L’obiettivo di Pascnet è stato sia colmare tutte le lacune relative alla sindrome, sia migliorare la conoscenza delle caratteristiche cliniche, della prevalenza, dei fattori di rischio o dell’incidenza differenziale, grazie anche a una prospettiva epidemiologica, clinica e di salute pubblica.
Lo studio epidemiologico ha analizzato l’impatto della pandemia di Covid-19 su una popolazione di circa 10 milioni di persone, il 45 per cento delle quali con età superiore o uguale a 50 anni e con una prevalenza di malattie cardiache del 22 per cento e, quindi, in grado di fornire una descrizione dettagliata e completa del suo impatto sulla popolazione residente in Lombardia da marzo 2020 a dicembre 2022. In particolare, l’analisi si è articolata, in primo luogo, con la creazione di un protocollo per la raccolta e il follow-up a lungo termine di dati clinici, e in secondo luogo, con la valutazione dell’impatto clinico della Pasc attraverso un’analisi di follow-up condotta su un campione di oltre 1.200 pazienti. I soggetti coinvolti nello studio sono stati arruolati dalle Asst in cui erano stati ospedalizzati e dai propri medici di medicina generale, e sono stati sottoposti a una serie di esami ambulatoriali o specialistici per stimare la prevalenza delle diverse componenti della Pasc a un anno o più dall’infezione. Tra i principali fattori di rischio per l’insorgenza della Pasc sono risultati determinanti l’età avanzata, la presenza di cronicità e/o comorbidità, nonché fumo e alcol. Bergamo è stata inizialmente tra le province lombarde più colpite, sperimentando in seguito una rapida stabilizzazione dei tassi di trasmissione e una riduzione delle ospedalizzazioni e della mortalità. “L’analisi territoriale funge da prezioso modello per la pianificazione della sanità pubblica in futuri scenari pandemici”, spiega il professor Lucifora. “Questi risultati forniscono prove essenziali per rafforzare la preparazione e la resilienza nei sistemi sanitari pubblici e supportano la creazione di modelli predittivi per la futura gestione e risposta alle epidemie. Lo studio dimostra l’utilità di dati sanitari dettagliati e stratificati a livello regionale per comprendere le dinamiche multiformi delle pandemie, sottolineando l’importanza di adattare le risposte alle variazioni demografiche, geografiche e virologiche”, aggiunge il coordinatore scientifico di Pascnet.
La pandemia ha determinato anche notevoli interruzioni nell’erogazione di servizi sanitari – conclude la nota -. Sono aumentati i bisogni sanitari insoddisfatti a causa delle restrizioni alla mobilità e delle politiche di distanziamento sociale, della paura del contagio e del sovraccarico delle strutture sanitarie. Criticità che il progetto Pascnet ha messo sotto la lente, indagando le conseguenze della pandemia di Covid-19 sull’assistenza ambulatoriale, dal suo scoppio fino agli anni post-pandemia più recenti. Ne è emerso un calo ampio e persistente dell’assistenza ambulatoriale, che ha riguardato soprattutto i soggetti più anziani e cronici, e le prestazioni di screening, di fatto riducendo l’assistenza primaria e le attività di prevenzione. I modelli di sanità pubblica stimano una perdita cumulativa e persistente nell’assistenza ambulatoriale di circa il 25 per cento, con un ritardo accumulato di 4,5 mesi standard. I ritardi accumulati risultano aver contribuito alla congestione dei servizi sanitari anche dopo la fine della pandemia, a cui solo recentemente il decreto “liste di attesa” ha cercato di porre rimedio.