Lavoratori quasi invisibili, poco rappresentati dalle sigle di settore, troppo spesso silenziosi e per questo “dimenticati”, questi sono i piccoli e medi agricoltori in Italia.
Ma ora basta, dicono in coro e scendono in strada per farsi sentire e far valere il proprio, insostituibile, status di “fabbricanti di cibo“. E’ venuto il momento di alzare la testa e rivendicare il diritto ad una giusta dignità e a corretti introiti.
Parliamo di piccoli e medi agricoltori perchè l’Italia della terra coltivata è fatta anche e, soprattutto, da aziende di pochi ettari*, arrivati agli attuali contestatori, soprattutto, attraverso avvicendamenti successori e con ben poche ulteriori acquisizioni. “Con meno di 5 ettari – rileva Antonio Onorati, uno dei coordinatori di Ari – è difficile far sopravvivere una famiglia, e comunque anche il lavoratore con un’azienda di 10 ettari di norma ottiene un valore tra i 15.000 e i 20.000 euro annui, che non fanno nemmeno un salario di un operaio…”
Il contadino/allevatore è immaginato come l’ultimo anello che lega la lunga catena dei lavoratori, senza il decoro di un orario, delle feste e delle ferie, senza un cartellino da timbrare e un cancello da varcare. Non facciamo retorica o poemi agresti ma, la verità è sinceramente dura per chi non ha mai e evidenziamo MAI avuto un rinnovo di contratto, un incentivo o un benefit.
Facile fare e disfare norme e regolamenti, leggi e diktat senza sapere cosa vuol dire vedere il tuo lavoro e il tuo incasso di un anno dipendere da un meteo, ormai, troppo spesso sfavorevole. Questo inverno senza freddo e neve porterà sulle nostre colture, qualunque siano, tutta una serie di parassiti e malattie a cui, quasi sicuramente, non si potrà far fronte, vuoi per impreparazione, vuoi per gli ulteriori costi da sostenere per prodotti adatti, vuoi perchè: fitofarmaci, concimi e diserbanti sembrano essere diavoli pronti ad avvelenare il consumatore. Questo è il frutto di ideologie malate e, ahimè, politiche.
Pare che gli unici veri inquinatori in Italia siano solo e sempre gli agricoltori e vengono, così automaticamente, assolti: l’inquinamento, gli incendi ai TMB e ad altri immondezzai e la contaminazione di quasi tutte le nostre falde acquifere.
Quello che fa arrabbiare, chi scrive e chi protesta, sono questi clichè in giacca e cravatta (o tailleur d’ordinanza) che fanno figo ma aprono le porte alla concorrenza dannosa da parte di paesi dove non esistono regole e mettono sulle nostre tavole monnezze autorizzate.
Ci sarebbe, davvero, da invocare un tavolo di lavoro fatto da agricoltori-lavoratori ed esperti del settore, prescindendo da politici che pochissimo conoscono di questa realtà.
La questione e le riforme agrarie sono, da sempre, un nodo cruciale per la sopravvivenza del nostro territorio e di chi lo abita ma, troppo spesso sono state ridotte ad un puro dibattito politico e gli agricoltori ad un determinate bacino di voti.
*Secondo l’ultimo censimento Istat in Italia il 21,3 per cento delle aziende agricole ha meno di un ettaro, il 64 per cento arriva a 5 ettari, solo l’1,6 per cento ha più di 100 ettari.