Se, come dimostrano i dati, il 2022 sarà con buona probabilità l’anno più caldo in Italia dal 1800 questo 2023 appena iniziato non si discosta dall’anomalia meteo che l’ha preceduto. Non solo le temperature dell’aria ma anche quelle delle acque dei mari sono di molto superiori alle medie; difatti non passa giorno senza che i media ci mostrino immagini di spiagge affollate e di bagnanti felici.
Non dimentichiamo poi la grande siccità che ha colpito il nostro paese e che non va vista come un evento isolato quanto l’espressione di una tendenza di riscaldamento globale preoccupante perchè, probabilmente, a lungo termine interesserà la nostra zona e l’area del Mediterraneo.
Secondo gli esperti il riscaldamento globale è strettamente collegato con le emissioni di gas serra e senza riduzioni di emissioni, l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura mondiale di 1,5 gradi è fuori portata.
Questo caldo “fuori stagione” ci sta facendo assistere a fenomeni della natura assolutamente bizzarri che, se da un lato ci consentono di vivere queste giornate come un’estate infinita, dall’altro disorientano pericolosamente il mondo animale e vegetale: farfalle che si posano su rose appena sbocciate, mimose fiorite con 2/3 mesi di anticipo sul fatidico 8 marzo, api che confuse lasciano l’alveare, alberi da frutto con le gemme già in bella evidenza.
Al caldo anomalo si aggiunge una forte carenza di precipitazioni piovose in pianura e nevose in montagna. Queste preoccupano ancora di più perchè significa non poter contare su risorse idriche dai mesi del disgelo in poi e la nostra terra, come le falde acquifere, ancora ferite dalla siccità storica della passata estate vedono un futuro quasi catastrofico.
Le temperature attuali fuori scala e la mancanza di acqua non possono che preoccupare gli agricoltori, i mercati ortofrutticoli e alla fine i cittadini tutti che potrebbero dover fare i conti, anche, con il razionamento idrico.
Ma il timore più grande per le prossime settimane riguarda l’evolversi dell’inverno con gelate inattese, capaci (come già avvenuto) di colpire ed azzerare la ripresa vegetativa delle colture con danni incalcolabili.
Il caldo unito alla siccità, poi, spianano la strada agli incendi boschivi e la rapida crescita di insetti parassiti che, nel caso del Lazio e della monocoltura del nocciolo, possono evolversi e diventare “portatori” di altri e nuovi agenti parassiti per i quali l’agricoltura non è ancora pronta a combattere con armi appropriate.
Abbiamo sicuramente goduto di un periodo più primaverile che invernale, ma è possibile che il clima ci presenti il conto finale e potrebbe essere pesante.
(nella foto: larve di Agrilus viridis parassita del nocciolo) Anna Ricca