I programmi TV sono pietosi, parte la corsa alle TV a pagamento

Il canone TV in realtà è un'imposta e come tale inevitabile ma i programmi che ci propongono sono al di sotto di qualunque aspettativa. Ci credono di poche pretese e invece noi migriamo verso le TV a pagamento per non sentirci troppo svalutati

Volenti o nolenti, soddisfatti o nauseati, a noi il canone TV ci tocca e tanto per evitare possibili diserzioni han pensato bene di includerlo nella bolletta della luce così, come dice il mitico Aranzulla: “nel 2016, infatti, il canone è stato incluso direttamente nella bolletta della luce, con l’introduzione del concetto di “presunzione di detenzione dell’apparecchio televisivo”.

In realtà il cosidetto canone è per definizione un’IMPOSTA che fa il suo giro tra l’Agenzia delle Entrate e lo Stato centrale dove si accomoda e di cui si perdono le tracce. Nel lontano 2022 il Governo pare, il dubitativo è d’obbligo, abbia raccimolato circa 2 miliardi di euro; allora il canone era di 90 euro, poi nel 2024 passò a 70 euro con una perdita per le casse governative di 430 milioni per cui, ma con gran rammarico delle istituzioni, sempre in pena per i sudditi, ora è tornato a 90 euro sempre in bolletta.

In realtà l’imposta è stata pensata dall’allora reggente Benito Mussolini come segno di possesso di un apparecchio (radio a quei tempi) in grado di ricevere e trasmettere. E qui si palesa l’ipocrisia che ci circonda e che vive per demonizzare il “deprecato ventennio” ma fa suo un balzello risalente al 1938 che poi significa 86 anni di casse rimpolpate.

Tornando ai giorni d’oggi e con gli occhi puntati sullo schermo ci chiediamo: ma credono davvero che l’Italia sia un’Italietta di buoi incapace di giudizi e di bocca talmente buona che la puoi accontentare con programmi di pura imbecillità come: scatole a sorpresa, personaggi improbabili chiusi in una casa o abbandonati su isole sconosciute, dove manca cibo e acqua, ma è ben presente trucco e parrucco, o serie tv ricolorate per l’occasione ma che risalgano ai primi anni 50?

Lo schermo, piccolo o grande che sia, si è rivelato per lo stato e per le emittenti private la gallina dalle uova d’oro; basta riempire il palinsesto con quello che si trova in magazzino, raccogliere e trasmettere più pubblicità possibile (quasi sempre troppo lunga secondo le linee guida UE) e il gioco è fatto. Insomma il trucco latino del “panem et circenses”. Vedete come si va a ritroso lungo i percorsi della storia!

Sapete quanto avrebbe incassato mamma Rai per la pubblicità al festival di Sanremo?: 67 milioni di euro e quanto costa uno spot nel prime time di Rai1?: ben 83.000 euro.E’ ipoteticamente vero che potrebbero guardarlo milioni di italiani, ma ben sappiamo che durante la pubblicità uno si fa le cose sue anche perchè sono sempre le stesse e piazzate lì in fila indiana.

Per questi signori che si sono spartiti la nostra attenzione lo schermo sarà anche un gran bell’affare, ma per noi è davvero una gran delusione tanto che varrebbe la pena di fare la voce grossa per imporre ben altri livelli di trasmissioni e di showmen/showwomen.

Temo che le Tv a pagamento diventeranno, di questo passo, indispensabili e salutari

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