Federica Pellegrini saluta e ringrazia e tra le lacrime lascia lo sport agonistico. Peccato ondina tanto amata. Tra musi lunghi e gesti poco sportivi il duro Djokovic, n°1 del tennis mondiale, si fa infilare malamente in un incontro che pareva senza storia. Miti infranti
Abbiamo perso, lungo la via delle Olimpiadi e in poche ore, due dei miti sportivi più acclamati degli ultimi anni.
Lei, Federica Pellegrini, decide di chiudere la propria carriera agonistica a Tokyo e non lo fa al meglio delle sue prestazioni. Forse troppa pubblicità, che tra shampi e passerelle l’hanno resa, ai nostri occhi, ancor più divina di quanto dovrebbe essere un atleta puro.
Perchè i media appena individuano un soggetto vincente e con caratteristiche di una qualche beltà se ne appropriano (a suon di milioni) e lo trasformano in oggetto.
Sappiamo quasi tutto dei suoi tanti amori, sbagliati e no e abbiamo seguito, a suon di carta patinata le baruffe affettive con altre divine sirene.
Peccato che la sua corsa, carica di ori e onori, come poche altre, sia finita così tra le lacrime dei ringraziamenti e dei saluti davanti ad un tabellone impietoso.
Nelle stesse ore un altro mito dello sport ha fatto crack.
Un dio scostante, mica bello, granitico e forse poco amabile come Novak Djokovic ha fatto vedere il peggio di un tennis, quasi da principiante.
I segnali, a pensarci bene si erano già intravisti a Wimbledon contro il bellissimo Berrettini che non gli ha reso la vita facile.
Ora ad Ariake contro un Alexander Zverev l’incontro pareva una pura formalità. E invece il giovin e biondo tedesco ha fatto un miracolo e Djokovic, a partita persa, si è lasciato andare ad un gesto che mai, nel tennis si dovrebbe vedere: il lancio rabbioso e rancoroso della pallina verso il nulla.
Bei tempi quelli di Pietrangeli quando nessuno si sarebbe permesso di applaudire sull’errore dello sfidante, quando sugli spalti non volava una mosca ed ogni gesto di rabbia era seriamente redarguito.
Non sappiamo se il serbo presti la faccia per delle pubblicità, a casa sua, ciò nonostante il peso delle coppe e delle medaglie devono avergli reso molli le gambe e fiacco il rovescio.
D’altronde la vita degli eroi è breve anche se, loro per primi, la immaginano infinta. E qui cascano tutti, prima o poi.
Perchè davanti si troveranno sempre tutta la nuova nidiata pronta e agguerrita per farli fuori.