Il 16 dicembre si preannuncia uno sciopero generale non sindacalmente coeso ma molto sentito. Accusati gli aumenti energetici e la legge di bilancio disattenta ai reali problemi di diseguaglianza sociale
Il 16 di Dicembre se le cose andranno come auspicato da CGIL e UIL dovremmo trovarci in pieno sciopero generale. E per generale si intende il vero blocco totale anche dei trasporti.
Davanti ad una mobilitazione così imponente ci stupisce il sottotono, voluto, con cui i media affrontano l’argomento.
Certo è che nessuno desidera rintuzzare la nuova azione che arriva 7 anni dopo l’ultimo sciopero generale del 2012.
E’ questa una “serrata” che, comunque, nasce monca senza il pieno accordo di tutte le sigle sindacali visto che la CISL si asterrà accogliendo il pensiero del suo leader Sbarra che la definisce “una scelta sbagliata” perché “il paese è ancora stretto nella emergenza pandemica e cerca faticosamente di agganciarsi a una ripresa economica che richiede il massimo di coesione e partecipazione e non il conflitto”.
Fatte queste premesse la discesa in piazza ha motivazioni profonde che si agganciano soprattutto alla legge di bilancio ritenuta iniqua e per niente rappresentativa di una politica di spinta.
Una politica volta, soprattutto, a favorire l’imprenditoria in qualunque forma ma non impegnata nel salvaguardare, in primis, l’aspetto della ripresa sociale.
Facciamo l’esempio della scuola: buoni investimenti sono previsti per l’edilizia scolastica ma poco o niente viene impegnato per migliorare l’insegnamento e l’istruzione.
Quindi scelte di governo che apparentemente non tengono in gran conto l’welfare come appianamento delle diseguaglianze sociali.
La punta dell’iceberg di questa forbice civica e civile è l’emergenza del caro energia che come una scure si abbatte su tutti gli italiani.
Nomisma prevede, per il prossimo trimestre, un aumento del 17% della luce e del 50% del gas che vuol dire per una famiglia media, grosso modo, un balzo di 815 euro/anno sul costo delle bollette.
Un colpo troppo gravoso per chi già vive in una condizione di difficoltà e dove l’11% delle famiglie non riesce a riscaldare sufficientemente la propria abitazione.
Insomma i conti non tornano più senza dimenticare che anche l’inflazione sale (e non solo da noi) a tutto discapito dei meno abbienti.
I silenzi a cui Draghi ci ha abituati saranno anche un modo, a noi finora sconosciuto, di fare comunicazione ma mal si conciliano con il pesante momento che stiamo ancora attraversando e sicuramente non incrementano il gradimento di cui il governo gode.
Questo sciopero sa tanto di esortazione all’esecutivo perché inserisca nelle sue scelte il dovere alla sostenibilità per rendere meno dura la vita di, ormai, molti italiani.