E’ chiaro come il sole che le istituzioni nazionali e sovranazionali si stanno giocando a dadi, sotto gli ombrelloni, la nostra estate ormai prossima e per la quale è già stata versata, in molti casi, la caparra. Si, perchè il rifiuto di riconoscere la scadenza del 31 dicembre 2023 per le concessioni, imposta dalla Bolkestein, adesso con la sentenza del Consiglio di Stato del 12 marzo diventa esecutiva segando di netto una stagione già avviata.
Se, da una parte l’attuale governo ha rinviato fino all’ultimo una decisione che pendeva come una spada di Damocle sulle nostre teste, è vero anche che il Consiglio di Stato si è svegliato e pronunciato all’ultimo minuto. Che sian giochi di potere, di politica in odore di elezioni o di partigianeria, tutto può essere ma, resta il fatto conclamato che nessuno si è mosso per trovare un accordo sulla direttiva europea.
La Bolkestein ha più di 20 anni e quanti governi italiani han messo la testa sotto la sabbia rimandando ai successori la patata bollente? 10 malcontati, e non son pochi; fatto sta che quest’ultima reggenza rischia di restare con il cerino in mano.
Visto che i nostri politici di spicco girano il mondo in lungo e in largo, visto che, per il momento, siamo ben rappresentati a Bruxelles perchè, accidenti, in 2 decenni non si è trovato modo di trattare sui termini della direttiva? che è logico non può adattarsi a tutte le nazioni della Comunità, ognuna con realtà economiche, umane e geopolitiche completamente diverse.
L’Italia ha un tessuto produttivo fatto di medie e piccole aziende e a questa ricchezza particolare ed unica non può derogare. Le concessioni balneari (come gli ambulanti) ne sono un esempio formidabile: gestioni che passano di padre in figlio per generazioni costituendo, nello stesso tempo, una certezza per l’utente finale e la garanzia di una cura massima per quel lotto di spiaggia di cui sono “responsabili”.
Stabilito che le gare vanno fatte (e possiamo non essere, per niente, d’accordo) spingiamo perchè il governo, prima di decidere, faccia mille considerazioni sulla nostra realtà nazionale: è difficile, se non impossibile, che una piccola concessione “familiare” possa competere con realtà più strutturate o comunque capaci di maggior forza economica, quindi definire con chiaro rigore i criteri delle gare per impedire che “certe” multinazionali si prendano tutte le nostre spiagge, ostacolare la possibile spersonalizzazione dei luoghi di vacanza, riconoscere ai gestori uscenti una forma di indennizzo per tutte le opere di miglioria e di salvaguardia del litorale, provvedere ad una nuova e seria rimappatura delle spiagge evitando di farcela, nuovamente, rigettare dalla UE.
Da parte loro le regioni con la supervisione e l’aiuto del Governo centrale devono provvedere con urgenza ad opere, da sempre promesse e mai realizzate, per la protezione e salvaguardia delle coste.
Se parliamo di scarsità di risorse delle nostre spiagge ci riferiamo sicuramente ad Ostia che mareggiata dopo mareggiata viene mangiata con quanto, negli anni, è stato costruito sopra.
Non possiamo più demonizzare il comparto balneare che, in realtà ha bisogno di maggior incentivazione e certezze e non si capisce come le istituzioni non si rendano conto che la strategia dilatoria attuata ha portato, prima, all’abbandono e alla desertificazione delle campagne ed ora, lascia immaginare un simile fosco avvenire per le nostre coste.